Oct. 29th, 2011
Day 6: How was your character’s childhood? Write a scene about them as a child. How was their home life? Their family? Their upbringing? Where did they grow up? What friends did they have?
Titolo: Le avventure di Il'ya Nikolaevich
Fandom: Originale - Moscow Chronicles
Pairing: pre-slash
Rating: safe
Warning: pre-slash
Wordcount: 980
Riassunto: Avevano un piccolissimo balcone, anche, che sua madre avrebbe voluto riempire di fiori, come quando viveva a Parigi, ma quella non era la Francia, e faceva troppo freddo; Il'ya aveva immaginato di impacchettare un po' di cose in uno zainetto, di fare una corda con le lenzuola come tante volte aveva visto nei cartoni animati e nei fumetti, e di scivolare giù dal balcone, per poi correre via fino alla stazione. Avrebbe preso un treno, e avrebbe girato il mondo, e avrebbe vissuto mille avventure, e qualcuno ci avrebbe scritto un libro, "le avventure di Il'ya Nikolaevich", e se nessuno lo avesse scritto se lo sarebbe scritto da solo.
Note: Missing moment di una fic mai esistita.
Quando una delle zie di sua madre commentò al suo diciottesimo compleanno che “si era fatto proprio un bell'ometto”, Il'ya improvvisamente non era sicuro di avere avuto veramente un'infanzia.
Fin da quando andava alle elementari tutti gli avevano detto che era molto maturo per la sua età, e se non fosse stato così mingherlino e basso di statura, certamente nessuno l'avrebbe preso per un bambino. I suoi “pensierini”, e più tardi i suoi temi e tesine, sconvolgevano maestre e professori, che già lo vedevano diventare un grande scrittore, o forse un giornalista, e lo spingevano il più possibile in quella direzione.
Il'ya in realtà non aveva un granchè di tempo per scrivere. Se tutti gli altri dicevano che era la sua forma mentis a essere quella di un adulto, Il'ya aveva l'impressione di essere cresciuto più in fretta solo per via di tutti i fratelli e le sorelle che aveva; faceva ripetizioni di latino ad Anna, faceva il giro del vicinato chiedendo scusa e ripagando i danni che combinavano Aleksej e Nikolaj dopo averli ripescati e sgridati, andava a prendere all'asilo Klara, portandosela in spalla per tutto il viaggio di ritorno, e quando capitava cambiava il pannolino al piccolo Ima, anche se ormai finalmente stava imparando a usare il vasino. Sua madre lo prendeva sempre in giro dicendo che era proprio da sposare, e Il'ya roteava gli occhi.
Adesso che era maggiorenne, sarebbe stato ancora peggio, perchè poteva finalmente prendere ufficialmente la patente, e sarebbe toccato a lui ad andare a prendere Anna, Aleksej e Nikolaj a scuola giù in paese. Fino a quel momento ci aveva pensato mamma a riaccompagnarli, ma i ragazzi si erano sempre lamentati che non avevano voglia di rimanere nella biblioteca della scuola a fare i compiti fino alla fine dei vari consigli di classe e dei professori a cui la madre doveva assistere.
L'unica cosa buona, era che era suo padre che si occupava di seguire i gemelli quando dovevano fare i compiti di matematica. Il'ya era completamente negato, ma suo padre l' aveva insegnata per anni al liceo dove ora la moglie insegnava letteratura. Insegnavano entrambi lì, quando Il'ya andava alle medie, ma poi nonno Vladimir era morto, lasciando loro una bella somma e una piccola fattoria che sembrava una villetta, e Nikolaj, che sognava di vivere in campagna da tutta la vita, aveva preso la palla al balzo, e si erano trasferiti in quel paesino dimenticato da Dio.
Ad ogni modo, in un posto come quello la patente era una sorta di formalità: Il'ya guidava già da un paio di anni, e siccome tutti i vigili e i poliziotti della zona lo conoscevano chiudevano sempre un occhio, quando lo vedevano trascinare il vecchio macinino del padre per le vie della cittadina imprecando tra i denti. Isidora comunque non aveva mai permesso al figlio di andare a prendere i fratelli in macchina prima di allora, senza un documento valido. Diceva che finchè era la campagna era un conto, ma in città era tutta un'altra cosa. Come se quel posto potesse essere definito città, aveva pensato Il'ya con un'espressione accigliata.
La maggiore età però, con la fine del liceo, significava possibilità di abbandonare quel posto, e trasferirsi finalmente in una città vera, come Mosca, come San Pietroburgo, o magari addirittura all'estero, a Berlino o a Parigi o a Londra. Sognava di viaggiare, sognava di vedere un mondo che non fosse solo di adolescenti annoiati. Sognava di vivere quello che leggeva nei libri; sognava di vivere nei posti che vedeva in televisione. (Internet era una cosa che avrebbe scoperto solo a Mosca. Non che non ne sapesse niente, ma l'unico internetpoint della cittadina era veramente triste e scassato). Voleva una borsa di studio, e scappare, ma per ora tutto quello che poteva fare era sgomberare il cassetto della sua scrivania dalle cartacce per metterci dentro i nuovi biglietti di auguri.
Mentre buttava via vecchi quaderni usati, fogli di appunti e vecchie cartoline, Il'ya trovò un piccolo diario, di quelli che i suoi genitori gli regalavano quando era alle elementari. Sfogliandolo, si ricordò di un periodo quando ancora non aveva sorelline e fratellini a cui badare, in cui aveva fantasticato sull'idea di scappare di casa. Aveva troppa paura per farlo davvero, ma aveva progettato la fuga nei minimi dettagli; la loro casa all'epoca era una palazzina d'angolo senza ascensore, poco lontana dal liceo dove lavoravano i suoi genitori, e loro abitavano al secondo piano. Avevano un piccolissimo balcone, anche, che sua madre avrebbe voluto riempire di fiori, come quando viveva a Parigi, ma quella non era la Francia, e faceva troppo freddo; Il'ya aveva immaginato di impacchettare un po' di cose in uno zainetto, di fare una corda con le lenzuola come tante volte aveva visto nei cartoni animati e nei fumetti, e di scivolare giù dal balcone, per poi correre via fino alla stazione. Avrebbe preso un treno, e avrebbe girato il mondo, e avrebbe vissuto mille avventure, e qualcuno ci avrebbe scritto un libro, "le avventure di Il'ya Nikolaevich", e se nessuno lo avesse scritto se lo sarebbe scritto da solo.
Quel diario era una sorta di bozza per quel libro. Non l'aveva mai scritto, naturalmente, anche perchè essendo opera di un bambino di cinque anni aveva l'aria di essere un imbarazzante miscuglio di Robinson Crusoe incrociato con molte altre trame prese da diverse fonti, tra cui film e storie inventate dai suoi amici dell'epoca, aveva idea, ma era stato l'inizio di qualcosa. Non aveva mai iniziato a scrivere nient'altro.
Nonostante le aspettative dei suoi insegnanti, Il'ya più che scrivere leggeva e catalogava. Quando i suoi genitori scherzando gli dissero che era destinato a diventare un bibliotecario non avevano idea di quanto ci fossero andati vicini.
Quello che nessuno si aspettava, era che Dimitrij Yurevich Doholochov sarebbe entrato in quella biblioteca, e Il'ya semplicemente non avrebbe sopportato di lasciarsi sfuggire l'occasione che gli era stata presentata.
Titolo: Le avventure di Il'ya Nikolaevich
Fandom: Originale - Moscow Chronicles
Pairing: pre-slash
Rating: safe
Warning: pre-slash
Wordcount: 980
Riassunto: Avevano un piccolissimo balcone, anche, che sua madre avrebbe voluto riempire di fiori, come quando viveva a Parigi, ma quella non era la Francia, e faceva troppo freddo; Il'ya aveva immaginato di impacchettare un po' di cose in uno zainetto, di fare una corda con le lenzuola come tante volte aveva visto nei cartoni animati e nei fumetti, e di scivolare giù dal balcone, per poi correre via fino alla stazione. Avrebbe preso un treno, e avrebbe girato il mondo, e avrebbe vissuto mille avventure, e qualcuno ci avrebbe scritto un libro, "le avventure di Il'ya Nikolaevich", e se nessuno lo avesse scritto se lo sarebbe scritto da solo.
Note: Missing moment di una fic mai esistita.
Quando una delle zie di sua madre commentò al suo diciottesimo compleanno che “si era fatto proprio un bell'ometto”, Il'ya improvvisamente non era sicuro di avere avuto veramente un'infanzia.
Fin da quando andava alle elementari tutti gli avevano detto che era molto maturo per la sua età, e se non fosse stato così mingherlino e basso di statura, certamente nessuno l'avrebbe preso per un bambino. I suoi “pensierini”, e più tardi i suoi temi e tesine, sconvolgevano maestre e professori, che già lo vedevano diventare un grande scrittore, o forse un giornalista, e lo spingevano il più possibile in quella direzione.
Il'ya in realtà non aveva un granchè di tempo per scrivere. Se tutti gli altri dicevano che era la sua forma mentis a essere quella di un adulto, Il'ya aveva l'impressione di essere cresciuto più in fretta solo per via di tutti i fratelli e le sorelle che aveva; faceva ripetizioni di latino ad Anna, faceva il giro del vicinato chiedendo scusa e ripagando i danni che combinavano Aleksej e Nikolaj dopo averli ripescati e sgridati, andava a prendere all'asilo Klara, portandosela in spalla per tutto il viaggio di ritorno, e quando capitava cambiava il pannolino al piccolo Ima, anche se ormai finalmente stava imparando a usare il vasino. Sua madre lo prendeva sempre in giro dicendo che era proprio da sposare, e Il'ya roteava gli occhi.
Adesso che era maggiorenne, sarebbe stato ancora peggio, perchè poteva finalmente prendere ufficialmente la patente, e sarebbe toccato a lui ad andare a prendere Anna, Aleksej e Nikolaj a scuola giù in paese. Fino a quel momento ci aveva pensato mamma a riaccompagnarli, ma i ragazzi si erano sempre lamentati che non avevano voglia di rimanere nella biblioteca della scuola a fare i compiti fino alla fine dei vari consigli di classe e dei professori a cui la madre doveva assistere.
L'unica cosa buona, era che era suo padre che si occupava di seguire i gemelli quando dovevano fare i compiti di matematica. Il'ya era completamente negato, ma suo padre l' aveva insegnata per anni al liceo dove ora la moglie insegnava letteratura. Insegnavano entrambi lì, quando Il'ya andava alle medie, ma poi nonno Vladimir era morto, lasciando loro una bella somma e una piccola fattoria che sembrava una villetta, e Nikolaj, che sognava di vivere in campagna da tutta la vita, aveva preso la palla al balzo, e si erano trasferiti in quel paesino dimenticato da Dio.
Ad ogni modo, in un posto come quello la patente era una sorta di formalità: Il'ya guidava già da un paio di anni, e siccome tutti i vigili e i poliziotti della zona lo conoscevano chiudevano sempre un occhio, quando lo vedevano trascinare il vecchio macinino del padre per le vie della cittadina imprecando tra i denti. Isidora comunque non aveva mai permesso al figlio di andare a prendere i fratelli in macchina prima di allora, senza un documento valido. Diceva che finchè era la campagna era un conto, ma in città era tutta un'altra cosa. Come se quel posto potesse essere definito città, aveva pensato Il'ya con un'espressione accigliata.
La maggiore età però, con la fine del liceo, significava possibilità di abbandonare quel posto, e trasferirsi finalmente in una città vera, come Mosca, come San Pietroburgo, o magari addirittura all'estero, a Berlino o a Parigi o a Londra. Sognava di viaggiare, sognava di vedere un mondo che non fosse solo di adolescenti annoiati. Sognava di vivere quello che leggeva nei libri; sognava di vivere nei posti che vedeva in televisione. (Internet era una cosa che avrebbe scoperto solo a Mosca. Non che non ne sapesse niente, ma l'unico internetpoint della cittadina era veramente triste e scassato). Voleva una borsa di studio, e scappare, ma per ora tutto quello che poteva fare era sgomberare il cassetto della sua scrivania dalle cartacce per metterci dentro i nuovi biglietti di auguri.
Mentre buttava via vecchi quaderni usati, fogli di appunti e vecchie cartoline, Il'ya trovò un piccolo diario, di quelli che i suoi genitori gli regalavano quando era alle elementari. Sfogliandolo, si ricordò di un periodo quando ancora non aveva sorelline e fratellini a cui badare, in cui aveva fantasticato sull'idea di scappare di casa. Aveva troppa paura per farlo davvero, ma aveva progettato la fuga nei minimi dettagli; la loro casa all'epoca era una palazzina d'angolo senza ascensore, poco lontana dal liceo dove lavoravano i suoi genitori, e loro abitavano al secondo piano. Avevano un piccolissimo balcone, anche, che sua madre avrebbe voluto riempire di fiori, come quando viveva a Parigi, ma quella non era la Francia, e faceva troppo freddo; Il'ya aveva immaginato di impacchettare un po' di cose in uno zainetto, di fare una corda con le lenzuola come tante volte aveva visto nei cartoni animati e nei fumetti, e di scivolare giù dal balcone, per poi correre via fino alla stazione. Avrebbe preso un treno, e avrebbe girato il mondo, e avrebbe vissuto mille avventure, e qualcuno ci avrebbe scritto un libro, "le avventure di Il'ya Nikolaevich", e se nessuno lo avesse scritto se lo sarebbe scritto da solo.
Quel diario era una sorta di bozza per quel libro. Non l'aveva mai scritto, naturalmente, anche perchè essendo opera di un bambino di cinque anni aveva l'aria di essere un imbarazzante miscuglio di Robinson Crusoe incrociato con molte altre trame prese da diverse fonti, tra cui film e storie inventate dai suoi amici dell'epoca, aveva idea, ma era stato l'inizio di qualcosa. Non aveva mai iniziato a scrivere nient'altro.
Nonostante le aspettative dei suoi insegnanti, Il'ya più che scrivere leggeva e catalogava. Quando i suoi genitori scherzando gli dissero che era destinato a diventare un bibliotecario non avevano idea di quanto ci fossero andati vicini.
Quello che nessuno si aspettava, era che Dimitrij Yurevich Doholochov sarebbe entrato in quella biblioteca, e Il'ya semplicemente non avrebbe sopportato di lasciarsi sfuggire l'occasione che gli era stata presentata.
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