Aug. 17th, 2009
Fandom: Tokio Hotel; Twincest (Tom/Bill)
Titolo: Get Back
Autore: Misako93
Rating: R
Genere: Drammatico, Angst, Introspettivo, Hurt/Comfort
Avvisi: Rape, Violence, Drug Use, Adult Content.
Data stesura: 23 agosto 2008
Riassunto:
Non voglio che si allontani. E' appena tornato, se di nuovo se ne andasse ne morirei davvero.
Note: Questa fanfiction è stata scritta l'anno scorso per un contest della community Kaulitzestita. Devo ammettere che non me la ricordavo "XD ho dovuto rileggerla prima di pubblicarla anche qui. E' curioso, ma succede spesso con le mie shots. Forse perchè le scrivo talmente di getto... Comunque. In teoria questa doveva essere una shot, ma incredibilmente è risultata un po' troppo lunga. Così l'ho divisa in due.
- Hey Tomi...
La voce debole di Bill mi salutò e il mio gemello cadde privo di sensi ai miei piedi sulla soglia della mia casa.
*
Fingo di non sapere quanti anni sono che non vedo mio fratello, ma purtroppo mi ricordo fin troppo bene la data e le circostanze della sua scomparsa.
Era l'11 luglio di dieci anni fa quando Bill, dopo un concerto, sparì nel nulla. Come di consueto era fuggito dal palco prima di noialtri, ma quando tornammo nel backstage pronti a festeggiare la serata appena conclusa ci rendemmo conto che Bill non c'era. Mi sono sempre chiesto come avesse fatto a eludere la sorveglianza dei bodyguard. E poi le fan. Come aveva fatto a scappare senza farsi inseguire dall'orda di ragazze assatanate bramose di autografi e foto stipata dentro e fuori dalla location? Non era stato rapito, lo sapevamo perchè con Bill erano spariti una piccola trousse con i suoi trucchi e la sua giacca di pelle.
Naturalmente cercammo di contenere la notizia della sua scomparsa, ma fu subito chiaro che "Bill si sente poco bene e non potrà cantare domani" suonava molto come una stratosferica cazzata. La verità trapelò rapidamente e scoppiò il panico. Così si aprì la caccia a Bill Kaulitz, a cui parteciparono forze dell'ordine, amici, fan preoccupate e moderni cacciatori di taglie che speravano di guadagnarci qualcosa.
Dopo cinque anni di infruttuose ricerche, lo stato tedesco dichiarò Bill Kaulitz legalmente morto.
Furono cinque anni di inferno per me, durante i quali sperimentai droghe, psicofarmaci e depressioni a volontà. Non volevo pensare e così avevo trovato nelle droghe la via d'uscita più rapida. Era impensabile cercare evasione nel suono della mia chitarra come facevo in passato; ci avevo anche provato, ma quando le mie dita inevitabilmente finivano per suonare gli accordi di In die Nacht, avevo gettato la spugna. E cominciai a fare stronzate. Non me ne vanto. Ci ho messo abbastanza fatica ad uscirne per anche solo pensare di riprovarci. Quella roba è merda e l'ho provato sulla mia pelle, sulla mia carne. Nelle mie vene. Ma Bill era troppo importante. Bill era troppo presente nella mia testa anche quando non c'era.
Il problema vero, mi sono reso conto con la mente lucida di poi, era che non ho mai avuto idea del perchè Bill se ne sia andato. Nemmeno ora ce l'ho. E per anni me ne sono fatto una colpa, che mi schiacciava. Non che ora sia meno pesante, sia ben chiaro. Ma ormai sono troppo rassegnato a qualunque cosa per sentire senso di colpa.
Non avevo mai notato nulla di strano, i giorni precedenti alla sua fuga Bill non aveva mai mostrato segni di tristezza o stress, o problemi di qualunque tipo. Anzi, tutta la band era trascinata dal suo entusiasmo per il tour, Gus e Georg erano più attivi e cretini che mai, e io avevo conosciuto Denise, che di lì a breve, se Bill non fosse sparito gettandomi nel baratro della disperazione, sarebbe potuta diventare forse la prima ragazza seria che avessi mai avuto dai tempi dei Devilish. Lui era davvero entusiasta, non era - come certi supponevano - finzione, la sua vitalità; era il piccolo sole di sempre, la stella del nostro gruppo che portava luce, allegria e voglia di spaccare il palco con la nostra musica.
Bill paragonato ad una stella è un'immagine che nella mia testa è perfetta.
Una stella, alla fine della sua carriera, può diventare una nana bianca, una stella minuscola e quasi invisibile che è destinata a diventare con il tempo man mano meno luminosa, fino a scomparire del tutto e finire nel dimenticatoio, diventando una nana nera; è quello che normalmente capita alle celebrità di scarsa importanza.
Ma quelle sono stelle piccole.
Le stelle più grandi ad un certo punto esplodono, facendo grande scalpore, e diventano supernove, destinate a diventare spesso stelle di neutroni e infine a collassare.
E' quello che è successo a Bill, e la sua esplosione è coincisa con il momento della sua scomparsa.
Bill è diventato un buco nero.
E' sprofondato nella superficie spazio-temporale creando un imbuto in cui tutto finisce dentro senza possibilità di uscita.
A me è successo. Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel, è stato risucchiato in un buco nero che lo ha cancellato, e si è ridotto a un qualunque quasi trentenne che vive nell'ombra della nostalgia per il fratello gemello probabilmente morto.
*
Mi venne un terribile groppo in gola mentre mi chinavo preoccupato verso il corpo inerte del mio fratellino.
- Bill - chiamai piano. Troppe volte lo avevo ripetuto a vuoto, quel nome. Così tante che ormai mi sembrava quasi insensato. Quasi non mi sembrava che davvero una volta fosse appartenuto a una persona.
Lo presi in braccio, stupendomi della sua eccessiva leggerezza. Dieci anni fa non era così magro. Non lo era mai stato così tanto.
Lo adagiai sul divano sentendo una stretta allo stomaco.
*
- Bill?
Mi sento un tredicenne alla sua prima cotta. Anzi.
Una tredicenne; una tredicenne follemente innamorata che sente il bisogno di chiamare la sua migliore amica alle due di notte per confidarsi con lei.
Mi faccio pena da solo.
Spingo la porta piano. In fondo non è che lo voglia disturbare. Volevo solo dirglielo. Dovrebbe farlo felice. Dopotutto è mio fratello, anche se è notte fonda non gli dispiacerà...
D'improvviso non ho più così tanta voglia di dare a Bill la grande notizia... non è che sia così importante!
- Entra Tom, sono un attimo in bagno, arrivo subito!
Ok. Ora sono sicuro che sia una pessima idea. Anche se è il mio gemello, e gli voglio bene, e ormai ci sono abituato, odio averlo intorno quando è in "checca-mode".
Spunta dal bagno avvolto in un asciugamano un po' corto per la sua altezza, sistemato come quello di certe modelle delle pubblicità di deodorante, dalle ascelle alle cosce quasi completamente scoperte.
"E' dannatamente sexy" pensa il mio cervello prima che io possa fermarlo.
"no!" lo rimprovero mentalmente "non è lui sexy, è l'immagine della modella del deodorante. Ho solo fatto un'associazione mentale..."
Ma allora perchè non riesco a guardarlo senza dover deglutire??
- Eccomi - sorride, strofinandosi i capelli con un asciugamano. - Cosa c'è?
- I-io... uhm... - mi si impasta la lingua.
- Sediamoci, sì? - mi invita Bill accomodandosi a sua volta e accavallando le gambe.
Mi siedo un po' rigido di fianco a lui. - sai... la ragazza che ti ho fatto vedere alla festa...? - comincio un po' esitante.
- M-mh, la mora di ieri sera, no? Si ce l'ho presente... - risponde Bill dopo una breve pausa.
- Ecco... le ho chiesto il numero di cellulare e ...ho un appuntamento stasera!!!
Bill apre la bocca meravigliato. O per lo meno... l'espressione nei suoi occhi è così densa che perfino io - il suo gemello - fatico a districarla. Suppongo che sia sorpreso. Insomma.. ho un appuntamento!! Tom Kaulitz che per una volta non ha una botta e via è un evento!
- Un appuntamento!? Con una ragazza?
- Ehi, con i ragazzi non ci esco, io! - esclamo ridendo. Vedendo l'espressione di Bill incupirsi mi rendo conto di averlo offeso.
- Bill, non intendevo dire...lo so che tu non sei gay! l'ho detto male... scusami insomma.
Stiracchiò un sorriso spento - No lo so, è tutto ok.
Mente, e lo so. So di averlo ferito. Ormai è così stanco e irritato per via delle continue critiche al suo look ed è stufo dei vari clichè contro cui deve andare a sbattere ovunque per riuscire a sopportare i commenti di noi ragazzi della band, anche se sono solo battute.
- Be', grandioso - commenta - sono felice che tu abbia una ragazza finalmente...
- Non ancora ma... ci spero! Denise mi piace davvero molto. Ha degli occhi bellissimi ed è molto simpatica e spiritosa. Piacerà anche a te, vedrai!
Bill sorride stancamente. - Ne sono sicuro... spero piuttosto di non risultarle antipatico io, sarebbe un problema.
- Non le starai antipatico! Nessuno ti trova antipatico. - gli sorrido a mia volta.
- Ora però volevo andare a letto... ti dispiace andare nella tua stanza? Se non dormo almeno qualche ora domani sarò k.o... e addio concerto... e anche tu devi dormire, sennò non riuscirai a uscire con ...Denise.
Senza molti complimenti mi accompagna alla porta, mi dà un bacio sulla guancia e mi sbatte l'uscio in faccia.
*
Non andai mai all'appuntamento con Denise, perchè Bill sparì il giorno stesso.
Forse lo aveva pianificato apposta; sapendo che dopo il concerto sarei dovuto uscire con quella ragazza, lui avrebbe potuto andarsene senza che io glielo avessi potuto impedire.
Ma perchè? Perchè?
Ci ho riflettuto a lungo. Credo che avesse un ragazzo. O perlomeno ne fosse innamorato.
Forse era stata la mia battuta sull'uscire coi ragazzi ad averlo scombussolato. Magari aveva creduto che se si fosse davvero messo con un ragazzo io non l'avrei accettato, così ha preferito andarsene.
In terapia sognai spesso Bill tra le braccia di un ragazzo, mentre piangeva a causa mia, il suo gemello crudele che lo odiava perchè omosessuale. Il ragazzo alla fine lo stringeva a sè e lo baciava sulle labbra.
Una notte mi svegliai bruscamente dopo quel sogno: quel ragazzo aveva il mio volto.
*
Bill lancia il suo asciugamano alla folla e si va a rintanare nel backstage come ad ogni concerto. Io, Gustav e Georg rimaniamo sul palco.
E' troppo divertente giocare con le fan. Eccole, mentre urlano, sperando che il plettro di Georg o le bacchette di Gustav giungano nella loro mano, scatenando vivaci zuffe intorno ai loro trofei...
Dopo averle stuzzicate un po' alla fine mollo anche il mio asciugamano e mi vado ad infilare a lato del palco, guardando il batterista lanciare la ola dall'alto di una pedana.
Ci abbracciamo noi tre, una volta al sicuro oltre i nostri bodyguard.
- Ed è andata anche questa! - esclama allegramente Georg.
- Già... e ora vado a farmi bello per la mia signora, se non vi dispiace! - ammicco.
- Ah già che oggi Tom ha un appuntamento! Bill cosa ha detto?
- Ha detto che è felice per me... ma a proposito, dov'è finito Bill? Non l'ho ancora visto... - mi rendo conto, improvvisamente preoccupato. Bill ci aspetta nel backstage, di solito, prima di ritornare nel suo camerino per struccarsi e rinfrescarsi un attimo.
Dove diavolo si è cacciato???
Passano alcune ore di folle ricerca, ma non sono in grado di percepire la scansione del tempo. Ogni cosa è sospesa, invischiata nella terribile sensazione di vuoto e assenza che mi riempie i polmoni e lo stomaco. Mi sento soffocare, ma non ci voglio credere.
Ma quella specie di orrida marmellata incorporea che si chiama panico che mi opprime vuol dire solo una cosa: Bill è scomparso davvero.
*
Guardo il suo respiro smuovere leggero una ciocca di capelli che gli è scivolata sul volto.
Le mie dita toccano le corde della chitarra, diffondendo ancora una volta le note della nostra canzone. Le note di quella canzone che ha scritto e cantato solamente per me.
E' stato innumerevoli volte, di fronte ad un pubblico di fan piangenti, commosse e urlanti. Ma lui ha sempre guardato solo me mentre le parole uscivano dalle sue labbra.
Quelle stesse labbra che ora sono semischiuse in un'espressione lievemente tormentata.
Sembra che gli anni per lui non siano passati; è lo stesso di allora, non riesco a trovare i segni del tempo sul suo corpo.
Le cicatrici di un lungo inverno però segnano la sua pelle, lacrime fossili scavano solchi nelle sue guance pallide, ombre scure infossano i suoi occhi, mezzelune profondamente incise là dove le sue lunghe unghie sono penetrate nei palmi.
Non ha ancora detto una parola né aperto gli occhi, eppure studiando il suo fisico provato riesco a leggere il suo dolore, le difficoltà che ha dovuto vivere, le crudeltà che ha dovuto subire; quei lividi non se li è fatti sicuramente da solo, e io non c'ero quando gli erano stati inflitti. Non avevo saputo proteggerlo, non avevo potuto aiutarlo.
"...Sei scappato per colpa mia? E' questa la domanda che esercita pressione sulle mie labbra per uscire, mentre il silenzio preme sulle mie orecchie spaccandomi i timpani.
Non ho il coraggio di chiedertelo mentre ancora i tuoi occhi sono chiusi, non ho il coraggio di rompere il vuoto che la chitarra muta ha lasciato. Improvvisamente sono pentito di averla appoggiata a terra, ai miei piedi, per prendere la tua mano fragile e fredda tra le mie nel tentativo di scaldarla, di percepirla viva ancora una volta, come prima delle nostre prime esibizioni, quando per calmarti te la stringevo ghiacciata e tremante. La tua pelle pulita è così diversa da come la ricordavo, non ricordo nemmeno quando è stata l'ultima volta che ti ho visto struccato. Le palpebre abbassate nude dall'ombretto nero sembrano così leggere, così pericolosamente sul punto di aprirsi. Ho paura dei tuoi occhi. Non voglio vederci dentro la tua condanna nei miei confronti, spero che almeno tu sia clemente. Spero che almeno..."
Trattengo il respiro mentre le sue palpebre tremano un poco e poi apre gli occhi. Dopo un attimo di lieve disorientamento, mi guarda.
Le sue iridi nocciola sono così diverse da allora. Sono velate di colpa e tristezza. Umide di lacrime amare inghiottite troppe volte.
Stringo più forte la sua mano e me la porto alle labbra nel tentativo di non piangere.
Si solleva a sedere di fianco a me, e sorride.
Un sorriso stanco ed incerto, il sorriso di chi sorride non perchè ha la forza di farlo, ma perchè vuole illudere il mondo che ogni cosa andava, va e andrà bene, quando per lui la parola "speranza" è diventata un'utopia perchè ogni sua speranza è volata via come cenere in un vento crudele.
Ho odiato quel sorriso. Troppe volte lo avevo visto senza riconoscerlo, e vederlo anche ora mi riporta alla mente il profondo disgusto per me stesso che mi ha perseguitato in questi anni.
Il sorriso di Bill si incrina non appena i miei pensieri lo raggiungono. Distoglie lo sguardo dal mio, divincola le mani dalla mia stretta e si racchiude in un silenzio colpevole.
No... non voglio che si allontani. E' appena tornato, se di nuovo se ne andasse ne morirei davvero.
Gli sollevo il mento con due dita. I miei occhi di nuovo si specchiano nei suoi.
Tomi, leggo nel nocciola delle sue iridi. Disperato. Supplice.
(Desideroso)
Gli prendo il volto cullando la forma della sua mascella sottile nei palmi delle mie mani larghe. Di nuovo i suoi occhi sfuggono i miei interrompendo quel contatto appena stabilito.
Percepisco al tatto il groppo nella sua gola. Il movimento della deglutizione. La leggera vibrazione delle sue corde vocali.
- Ssst. - lo zittisco dolcemente.
Poi azzero la distanza tra i nostri volti. Tra me e le sue labbra di cera. Il momento più sbagliato delle nostre vite, ma la consolazione più giusta di sempre.
Appena il tempo di accorgermi del sale che gli bagna la bocca e Bill scoppia a piangere seppellendo il viso nella mia camicia. Gli bacio i capelli, sentendo l'odore familiare delle sue lacrime spargersi come incenso nell'aria della stanza.
Titolo: Get Back
Autore: Misako93
Rating: R
Genere: Drammatico, Angst, Introspettivo, Hurt/Comfort
Avvisi: Rape, Violence, Drug Use, Adult Content.
Data stesura: 23 agosto 2008
Riassunto:
Non voglio che si allontani. E' appena tornato, se di nuovo se ne andasse ne morirei davvero.
Note: Questa fanfiction è stata scritta l'anno scorso per un contest della community Kaulitzestita. Devo ammettere che non me la ricordavo "XD ho dovuto rileggerla prima di pubblicarla anche qui. E' curioso, ma succede spesso con le mie shots. Forse perchè le scrivo talmente di getto... Comunque. In teoria questa doveva essere una shot, ma incredibilmente è risultata un po' troppo lunga. Così l'ho divisa in due.
- Hey Tomi...
La voce debole di Bill mi salutò e il mio gemello cadde privo di sensi ai miei piedi sulla soglia della mia casa.
Fingo di non sapere quanti anni sono che non vedo mio fratello, ma purtroppo mi ricordo fin troppo bene la data e le circostanze della sua scomparsa.
Era l'11 luglio di dieci anni fa quando Bill, dopo un concerto, sparì nel nulla. Come di consueto era fuggito dal palco prima di noialtri, ma quando tornammo nel backstage pronti a festeggiare la serata appena conclusa ci rendemmo conto che Bill non c'era. Mi sono sempre chiesto come avesse fatto a eludere la sorveglianza dei bodyguard. E poi le fan. Come aveva fatto a scappare senza farsi inseguire dall'orda di ragazze assatanate bramose di autografi e foto stipata dentro e fuori dalla location? Non era stato rapito, lo sapevamo perchè con Bill erano spariti una piccola trousse con i suoi trucchi e la sua giacca di pelle.
Naturalmente cercammo di contenere la notizia della sua scomparsa, ma fu subito chiaro che "Bill si sente poco bene e non potrà cantare domani" suonava molto come una stratosferica cazzata. La verità trapelò rapidamente e scoppiò il panico. Così si aprì la caccia a Bill Kaulitz, a cui parteciparono forze dell'ordine, amici, fan preoccupate e moderni cacciatori di taglie che speravano di guadagnarci qualcosa.
Dopo cinque anni di infruttuose ricerche, lo stato tedesco dichiarò Bill Kaulitz legalmente morto.
Furono cinque anni di inferno per me, durante i quali sperimentai droghe, psicofarmaci e depressioni a volontà. Non volevo pensare e così avevo trovato nelle droghe la via d'uscita più rapida. Era impensabile cercare evasione nel suono della mia chitarra come facevo in passato; ci avevo anche provato, ma quando le mie dita inevitabilmente finivano per suonare gli accordi di In die Nacht, avevo gettato la spugna. E cominciai a fare stronzate. Non me ne vanto. Ci ho messo abbastanza fatica ad uscirne per anche solo pensare di riprovarci. Quella roba è merda e l'ho provato sulla mia pelle, sulla mia carne. Nelle mie vene. Ma Bill era troppo importante. Bill era troppo presente nella mia testa anche quando non c'era.
Il problema vero, mi sono reso conto con la mente lucida di poi, era che non ho mai avuto idea del perchè Bill se ne sia andato. Nemmeno ora ce l'ho. E per anni me ne sono fatto una colpa, che mi schiacciava. Non che ora sia meno pesante, sia ben chiaro. Ma ormai sono troppo rassegnato a qualunque cosa per sentire senso di colpa.
Non avevo mai notato nulla di strano, i giorni precedenti alla sua fuga Bill non aveva mai mostrato segni di tristezza o stress, o problemi di qualunque tipo. Anzi, tutta la band era trascinata dal suo entusiasmo per il tour, Gus e Georg erano più attivi e cretini che mai, e io avevo conosciuto Denise, che di lì a breve, se Bill non fosse sparito gettandomi nel baratro della disperazione, sarebbe potuta diventare forse la prima ragazza seria che avessi mai avuto dai tempi dei Devilish. Lui era davvero entusiasta, non era - come certi supponevano - finzione, la sua vitalità; era il piccolo sole di sempre, la stella del nostro gruppo che portava luce, allegria e voglia di spaccare il palco con la nostra musica.
Bill paragonato ad una stella è un'immagine che nella mia testa è perfetta.
Una stella, alla fine della sua carriera, può diventare una nana bianca, una stella minuscola e quasi invisibile che è destinata a diventare con il tempo man mano meno luminosa, fino a scomparire del tutto e finire nel dimenticatoio, diventando una nana nera; è quello che normalmente capita alle celebrità di scarsa importanza.
Ma quelle sono stelle piccole.
Le stelle più grandi ad un certo punto esplodono, facendo grande scalpore, e diventano supernove, destinate a diventare spesso stelle di neutroni e infine a collassare.
E' quello che è successo a Bill, e la sua esplosione è coincisa con il momento della sua scomparsa.
Bill è diventato un buco nero.
E' sprofondato nella superficie spazio-temporale creando un imbuto in cui tutto finisce dentro senza possibilità di uscita.
A me è successo. Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio Hotel, è stato risucchiato in un buco nero che lo ha cancellato, e si è ridotto a un qualunque quasi trentenne che vive nell'ombra della nostalgia per il fratello gemello probabilmente morto.
Mi venne un terribile groppo in gola mentre mi chinavo preoccupato verso il corpo inerte del mio fratellino.
- Bill - chiamai piano. Troppe volte lo avevo ripetuto a vuoto, quel nome. Così tante che ormai mi sembrava quasi insensato. Quasi non mi sembrava che davvero una volta fosse appartenuto a una persona.
Lo presi in braccio, stupendomi della sua eccessiva leggerezza. Dieci anni fa non era così magro. Non lo era mai stato così tanto.
Lo adagiai sul divano sentendo una stretta allo stomaco.
- Bill?
Mi sento un tredicenne alla sua prima cotta. Anzi.
Una tredicenne; una tredicenne follemente innamorata che sente il bisogno di chiamare la sua migliore amica alle due di notte per confidarsi con lei.
Mi faccio pena da solo.
Spingo la porta piano. In fondo non è che lo voglia disturbare. Volevo solo dirglielo. Dovrebbe farlo felice. Dopotutto è mio fratello, anche se è notte fonda non gli dispiacerà...
D'improvviso non ho più così tanta voglia di dare a Bill la grande notizia... non è che sia così importante!
- Entra Tom, sono un attimo in bagno, arrivo subito!
Ok. Ora sono sicuro che sia una pessima idea. Anche se è il mio gemello, e gli voglio bene, e ormai ci sono abituato, odio averlo intorno quando è in "checca-mode".
Spunta dal bagno avvolto in un asciugamano un po' corto per la sua altezza, sistemato come quello di certe modelle delle pubblicità di deodorante, dalle ascelle alle cosce quasi completamente scoperte.
"E' dannatamente sexy" pensa il mio cervello prima che io possa fermarlo.
"no!" lo rimprovero mentalmente "non è lui sexy, è l'immagine della modella del deodorante. Ho solo fatto un'associazione mentale..."
Ma allora perchè non riesco a guardarlo senza dover deglutire??
- Eccomi - sorride, strofinandosi i capelli con un asciugamano. - Cosa c'è?
- I-io... uhm... - mi si impasta la lingua.
- Sediamoci, sì? - mi invita Bill accomodandosi a sua volta e accavallando le gambe.
Mi siedo un po' rigido di fianco a lui. - sai... la ragazza che ti ho fatto vedere alla festa...? - comincio un po' esitante.
- M-mh, la mora di ieri sera, no? Si ce l'ho presente... - risponde Bill dopo una breve pausa.
- Ecco... le ho chiesto il numero di cellulare e ...ho un appuntamento stasera!!!
Bill apre la bocca meravigliato. O per lo meno... l'espressione nei suoi occhi è così densa che perfino io - il suo gemello - fatico a districarla. Suppongo che sia sorpreso. Insomma.. ho un appuntamento!! Tom Kaulitz che per una volta non ha una botta e via è un evento!
- Un appuntamento!? Con una ragazza?
- Ehi, con i ragazzi non ci esco, io! - esclamo ridendo. Vedendo l'espressione di Bill incupirsi mi rendo conto di averlo offeso.
- Bill, non intendevo dire...lo so che tu non sei gay! l'ho detto male... scusami insomma.
Stiracchiò un sorriso spento - No lo so, è tutto ok.
Mente, e lo so. So di averlo ferito. Ormai è così stanco e irritato per via delle continue critiche al suo look ed è stufo dei vari clichè contro cui deve andare a sbattere ovunque per riuscire a sopportare i commenti di noi ragazzi della band, anche se sono solo battute.
- Be', grandioso - commenta - sono felice che tu abbia una ragazza finalmente...
- Non ancora ma... ci spero! Denise mi piace davvero molto. Ha degli occhi bellissimi ed è molto simpatica e spiritosa. Piacerà anche a te, vedrai!
Bill sorride stancamente. - Ne sono sicuro... spero piuttosto di non risultarle antipatico io, sarebbe un problema.
- Non le starai antipatico! Nessuno ti trova antipatico. - gli sorrido a mia volta.
- Ora però volevo andare a letto... ti dispiace andare nella tua stanza? Se non dormo almeno qualche ora domani sarò k.o... e addio concerto... e anche tu devi dormire, sennò non riuscirai a uscire con ...Denise.
Senza molti complimenti mi accompagna alla porta, mi dà un bacio sulla guancia e mi sbatte l'uscio in faccia.
Non andai mai all'appuntamento con Denise, perchè Bill sparì il giorno stesso.
Forse lo aveva pianificato apposta; sapendo che dopo il concerto sarei dovuto uscire con quella ragazza, lui avrebbe potuto andarsene senza che io glielo avessi potuto impedire.
Ma perchè? Perchè?
Ci ho riflettuto a lungo. Credo che avesse un ragazzo. O perlomeno ne fosse innamorato.
Forse era stata la mia battuta sull'uscire coi ragazzi ad averlo scombussolato. Magari aveva creduto che se si fosse davvero messo con un ragazzo io non l'avrei accettato, così ha preferito andarsene.
In terapia sognai spesso Bill tra le braccia di un ragazzo, mentre piangeva a causa mia, il suo gemello crudele che lo odiava perchè omosessuale. Il ragazzo alla fine lo stringeva a sè e lo baciava sulle labbra.
Una notte mi svegliai bruscamente dopo quel sogno: quel ragazzo aveva il mio volto.
Bill lancia il suo asciugamano alla folla e si va a rintanare nel backstage come ad ogni concerto. Io, Gustav e Georg rimaniamo sul palco.
E' troppo divertente giocare con le fan. Eccole, mentre urlano, sperando che il plettro di Georg o le bacchette di Gustav giungano nella loro mano, scatenando vivaci zuffe intorno ai loro trofei...
Dopo averle stuzzicate un po' alla fine mollo anche il mio asciugamano e mi vado ad infilare a lato del palco, guardando il batterista lanciare la ola dall'alto di una pedana.
Ci abbracciamo noi tre, una volta al sicuro oltre i nostri bodyguard.
- Ed è andata anche questa! - esclama allegramente Georg.
- Già... e ora vado a farmi bello per la mia signora, se non vi dispiace! - ammicco.
- Ah già che oggi Tom ha un appuntamento! Bill cosa ha detto?
- Ha detto che è felice per me... ma a proposito, dov'è finito Bill? Non l'ho ancora visto... - mi rendo conto, improvvisamente preoccupato. Bill ci aspetta nel backstage, di solito, prima di ritornare nel suo camerino per struccarsi e rinfrescarsi un attimo.
Dove diavolo si è cacciato???
Passano alcune ore di folle ricerca, ma non sono in grado di percepire la scansione del tempo. Ogni cosa è sospesa, invischiata nella terribile sensazione di vuoto e assenza che mi riempie i polmoni e lo stomaco. Mi sento soffocare, ma non ci voglio credere.
Ma quella specie di orrida marmellata incorporea che si chiama panico che mi opprime vuol dire solo una cosa: Bill è scomparso davvero.
Guardo il suo respiro smuovere leggero una ciocca di capelli che gli è scivolata sul volto.
Le mie dita toccano le corde della chitarra, diffondendo ancora una volta le note della nostra canzone. Le note di quella canzone che ha scritto e cantato solamente per me.
E' stato innumerevoli volte, di fronte ad un pubblico di fan piangenti, commosse e urlanti. Ma lui ha sempre guardato solo me mentre le parole uscivano dalle sue labbra.
Quelle stesse labbra che ora sono semischiuse in un'espressione lievemente tormentata.
Sembra che gli anni per lui non siano passati; è lo stesso di allora, non riesco a trovare i segni del tempo sul suo corpo.
Le cicatrici di un lungo inverno però segnano la sua pelle, lacrime fossili scavano solchi nelle sue guance pallide, ombre scure infossano i suoi occhi, mezzelune profondamente incise là dove le sue lunghe unghie sono penetrate nei palmi.
Non ha ancora detto una parola né aperto gli occhi, eppure studiando il suo fisico provato riesco a leggere il suo dolore, le difficoltà che ha dovuto vivere, le crudeltà che ha dovuto subire; quei lividi non se li è fatti sicuramente da solo, e io non c'ero quando gli erano stati inflitti. Non avevo saputo proteggerlo, non avevo potuto aiutarlo.
"...Sei scappato per colpa mia? E' questa la domanda che esercita pressione sulle mie labbra per uscire, mentre il silenzio preme sulle mie orecchie spaccandomi i timpani.
Non ho il coraggio di chiedertelo mentre ancora i tuoi occhi sono chiusi, non ho il coraggio di rompere il vuoto che la chitarra muta ha lasciato. Improvvisamente sono pentito di averla appoggiata a terra, ai miei piedi, per prendere la tua mano fragile e fredda tra le mie nel tentativo di scaldarla, di percepirla viva ancora una volta, come prima delle nostre prime esibizioni, quando per calmarti te la stringevo ghiacciata e tremante. La tua pelle pulita è così diversa da come la ricordavo, non ricordo nemmeno quando è stata l'ultima volta che ti ho visto struccato. Le palpebre abbassate nude dall'ombretto nero sembrano così leggere, così pericolosamente sul punto di aprirsi. Ho paura dei tuoi occhi. Non voglio vederci dentro la tua condanna nei miei confronti, spero che almeno tu sia clemente. Spero che almeno..."
Trattengo il respiro mentre le sue palpebre tremano un poco e poi apre gli occhi. Dopo un attimo di lieve disorientamento, mi guarda.
Le sue iridi nocciola sono così diverse da allora. Sono velate di colpa e tristezza. Umide di lacrime amare inghiottite troppe volte.
Stringo più forte la sua mano e me la porto alle labbra nel tentativo di non piangere.
Si solleva a sedere di fianco a me, e sorride.
Un sorriso stanco ed incerto, il sorriso di chi sorride non perchè ha la forza di farlo, ma perchè vuole illudere il mondo che ogni cosa andava, va e andrà bene, quando per lui la parola "speranza" è diventata un'utopia perchè ogni sua speranza è volata via come cenere in un vento crudele.
Ho odiato quel sorriso. Troppe volte lo avevo visto senza riconoscerlo, e vederlo anche ora mi riporta alla mente il profondo disgusto per me stesso che mi ha perseguitato in questi anni.
Il sorriso di Bill si incrina non appena i miei pensieri lo raggiungono. Distoglie lo sguardo dal mio, divincola le mani dalla mia stretta e si racchiude in un silenzio colpevole.
No... non voglio che si allontani. E' appena tornato, se di nuovo se ne andasse ne morirei davvero.
Gli sollevo il mento con due dita. I miei occhi di nuovo si specchiano nei suoi.
Tomi, leggo nel nocciola delle sue iridi. Disperato. Supplice.
(Desideroso)
Gli prendo il volto cullando la forma della sua mascella sottile nei palmi delle mie mani larghe. Di nuovo i suoi occhi sfuggono i miei interrompendo quel contatto appena stabilito.
Percepisco al tatto il groppo nella sua gola. Il movimento della deglutizione. La leggera vibrazione delle sue corde vocali.
- Ssst. - lo zittisco dolcemente.
Poi azzero la distanza tra i nostri volti. Tra me e le sue labbra di cera. Il momento più sbagliato delle nostre vite, ma la consolazione più giusta di sempre.
Appena il tempo di accorgermi del sale che gli bagna la bocca e Bill scoppia a piangere seppellendo il viso nella mia camicia. Gli bacio i capelli, sentendo l'odore familiare delle sue lacrime spargersi come incenso nell'aria della stanza.
Comments