Dec. 17th, 2010
Titolo: Side by Side
Fandom: Inazuma Eleven
Pairing: Kidou/Sakuma
Rating: PG
Warning: MASSIVE SPOILER ep 106, angst
Conteggio Parole: 2471 @ contaparole
fiumidiparole
Con un peso sul petto, Sakuma era corso fuori dal refettorio, ed era salito al secondo piano scalando i gradini due a due. Arrivato davanti alla porta della sua stanza però, quasi non se la sentì di entrare. Era una persona orrenda, con che coraggio avrebbe potuto tentare di consolarlo?
Sapeva che Kidou stimava Kageyama con tutto se stesso, nonostante avesse avuto per una vita intera davanti agli occhi i suoi metodi discutibili, nonostante si fosse visto schierare contro addirittura i suoi stessi amici per colpa sua, nonostante tutta la bile che aveva dovuto deglutire; Kageyama era stato per lui più di un padre: era l’uomo che lo aveva cresciuto e fatto diventare quello che era.
Sakuma lo sapeva benissimo. In fondo, riusciva anche a capire perché Kidou lo ammirasse così tanto; anche lui era studente della Teikoku, e Kageyama era stato anche il suo allenatore. Ma Sakuma amava Kidou, e vederlo parlare con il loro ex-coach con quel tono che tradiva tutta la sua adorazione per lui, e il suo sollievo, lo aveva ferito orribilmente. Oltretutto si era sentito ancora peggio quando Kidou, quasi per dargli un’ultima possibilità, si era sfilato i suoi amati occhialini per Kageyama; spontaneamente, senza remore, in pubblico. Questo quando Sakuma invece, nell’intimità della sua stanza e a riparo da occhi indiscreti, per poterlo vedere in viso senza quegli stupidi cosi a coprirgli gli occhi, doveva chiederglielo espressamente –e con insistenza, pure- finché per esasperazione Kidou lo accontentava.
Aveva odiato vederlo con quell’espressione abbattuta mentre guardava Kageyama che veniva portato via, e aveva odiato ancora di più quando si era inchinato, onorandolo per qualcosa che non meritava. Per un attimo, più che di consolarlo aveva avuto una voglia irrefrenabile di prenderlo a calci in culo, anche se sapeva che Kidou ci stava davvero male, al pensiero di quell’uomo in prigione. Non poteva fare a meno di chiedersi se pensasse a come stava lui, costretto a guardarlo mentre praticamente si dichiarava ad un altro uomo.
Gli aveva tenuto il muso tutto il tempo, trattandolo con freddezza, prevedendo che nel momento in cui si sarebbe accorto che era arrabbiato con lui avrebbe fatto di tutto per capire cosa c’era che non andava e fare pace. Purtroppo Sakuma non aveva tenuto in conto che Kidou avrebbe potuto essere troppo concentrato sul pensiero del suo adorato Kageyama che veniva portato in prigione per rendersene minimamente conto. Kageyama gli sarebbe mancato fino al punto di non interessarsi più a lui? Sakuma era fuori di sé dalla gelosia e dalla rabbia.
Poi durante il telegiornale, la notizia.
“Oggi Mr K, allenatore degli Orpheus, la nazionale italiana, è mancato in un incidente d’auto.”
Kidou era stato il primo ad alzarsi di scatto, sconvolto, seguito da tutti gli altri. Anche Sakuma si era alzato, con un peso al petto; era stato anche il suo allenatore, e quando la morte ti passava così vicino era normale provare un certo brivido di angoscia. Poi improvvisamente si sentì leggero, come se qualcuno gli avesse levato un peso dal petto. Quando si rese conto che quella sensazione era sollievo si sentì disgustato di se stesso. Kageyama era stato una persona orrenda, che aveva fatto del male a un sacco di persone, lui compreso, Kidou compreso, ma tutto sommato non meritava di morire. Come poteva essere felice per la sua morte? Che razza di persona era?
Anche se nessuno in realtà aveva davvero fame dopo quella notizia, all’ora di cena Sakuma era comunque andato a mangiare con tutti gli altri. Tutti tranne Kidou. Se ne rese conto solo quando tutti si erano già seduti a tavola. Doveva essersi allontanato dal gruppo mentre si dirigevano verso il refettorio. Sakuma sentì la preoccupazione stringergli lo stomaco. Lasciando il suo vassoio intatto e ignorando i richiami di Fuyuka, era scappato via ed era salito rapidamente al piano di sopra.
Davanti alla porta di Kidou però non riusciva a decidersi di entrare.
Era un egoista. Ecco perché era salito fino a lì. Voleva trovare un modo per fare sentire meglio Kidou, così che potesse mettersi a posto la coscienza. Era davvero un insensibile della peggior specie.
I suoi pensieri furono interrotti da un suono soffocato.
- Kidou… - mormorò accostando le labbra alla porta. Stava piangendo? Non lo aveva mai visto piangere. Lo aveva visto urlare, prendere a pugni gli armadietti dello spogliatoio, arrabbiarsi col mondo e con chiunque gli capitasse a tiro, ma piangere mai. Forse dipendeva anche dal fatto che lo aveva visto a viso completamente scoperto qualcosa come tre volte nella sua vita.
Di nuovo quel suono lamentoso, un po’ meno soffocato. Sentì il nodo nello stomaco stringersi ulteriormente. Come l’avrebbe presa Kidou se fosse entrato in quel momento? Sakuma sapeva che le persone reagivano diversamente in certe situazioni, e solo perché a lui avrebbe fatto piacere avere qualcuno che lo abbracciasse e confortasse in un momento simile non voleva dire che Kidou avrebbe voluto lo stesso. Magari voleva essere lasciato solo. Magari non lo aveva mai visto piangere proprio perché quando aveva bisogno di sfogarsi in quel modo faceva in modo di non essere visto.
“Cosa devo fare?” pensò Sakuma, stringendo la maniglia della porta.
Per la terza volta, il singhiozzo soffocato di Kidou spedì un macigno di angoscia dritto sulla bocca dello stomaco di Sakuma succhiandogli via tutta l’aria. “Basta. Adesso entro”. Se Kidou non lo avesse voluto, lo avrebbe cacciato fuori e sarebbe morta lì.
- Kidou? – lo chiamò piano con la porta chiusa – posso entrare?
Nessuna risposta. Forse non lo aveva neanche sentito.
- Guarda che entro. Sto entrando – abbassò la maniglia e spinse lentamente la porta, che si aprì con un cigolio lievissimo.
Nonostante fosse già buio, la luce era spenta; quando aveva aperto la porta, il chiarore del corridoio aveva illuminato una sottile porzione di pavimento, rischiarando fiocamente la stanza. La prima impressione che ebbe, fu che la stanza fosse vuota.
- Kidou? – chiamò, guardandosi intorno e aprendo maggiormente la porta per fare entrare più luce.
Vide un movimento in un angolo della stanza, a metà tra il letto e la scrivania. Deglutì e si avvicinò.
Kidou, come aveva immaginato, era seduto a terra con le ginocchia al petto e la schiena contro il muro, infilato proprio nello spazio tra il letto e lo scrittoio. Si era tolto gli occhialini, che giacevano abbandonati a pochi centimetri da lui, e aveva gli occhi lucidi. Quando Sakuma arrivò di fianco a lui, Kidou lo guardò con uno sguardo colpevole negli occhi, come se fosse stato beccato a fare qualcosa di inappropriato.
- Sakuma – gracchiò a mo’ di saluto. A giudicare dalla sua voce, doveva aver pianto parecchio.
Sakuma era incerto sul da farsi. Non aveva pensato a cosa dire. Dava così per scontato che Kidou lo avrebbe calciato fuori nel momento in cui fosse entrato nella stanza che ora quasi si pentiva di essere entrato.
Si limitò a sedersi sul pavimento, rannicchiandosi come lui.
Rimasero uno di fianco all’altro con la schiena contro il muro per qualche minuto, senza parlare. L’unico suono che si sentiva era quello del vento che scuoteva i rami degli alberi del giardino, ma anche quello forse era immaginario, disperate com’erano le orecchie di Sakuma di sentire qualcosa che rompesse quel silenzio assordante. Il tempo si dilatava senza soluzione, Kidou fissava il vuoto davanti a sé e Sakuma lanciava di tanto in tanto un'occhiata al profilo del ragazzo seduto di fianco a lui, sempre più nitido man mano che i suoi occhi si abituavano all'oscurità.
Poi Kidou si mosse, passandosi una mano sugli occhi e sospirando pesantemente. - Scusami – mormorò con la voce roca – Sono ridicolo.
- Non è vero. - rispose in fretta Sakuma in un sussurro, non osando alzare la voce.
- Non è vero?! - ripetè Kidou seccato, con un'espressione infastidita, quasi arrabbiata. – Ma guardami! Sono qui, in un angolo a piangermi addosso come una ragazzina. Anzi, neanche Haruna aveva pianto così quando sono morti i nostri genitori. - Si strofinò di nuovo gli occhi.
Sakuma rimase in silenzio, riflettendo. Non sapeva bene cosa dire, e soprattutto dopo una cosa del genere non se la sentiva di parlare. Kidou era sempre molto riservato, e parlava raramente del periodo dell'orfanotrofio. Il fatto che si stesse aprendo con lui lo rincuorava e spaventava allo stesso tempo. Comunque, sentiva di dovergli rispondere in qualche modo, anche se non gli aveva davvero chiesto qualcosa.
- Non devi fare così – cominciò, un po' incerto. - Lo ammiravi moltissimo. E' normale piangere la morte di una persona così importante. E' stato lui che ti ha insegnato a giocare a calcio, no? Non c'è niente di sbagliato nel piang-
- Tu non capisci! - sbottò Kidou ad alta voce, sbattendo un pugno a terra, prendendo dentro gli occhialini che stavano di fianco a lui e che schizzarono chissà dove sul pavimento, e facendo sobbalzare Sakuma. - Non puoi capire, perchè non mi conosci affatto, non sai niente di me! Non hai idea di quanto sia sbagliato. Non hai... - la voce gli si ruppe e si fermò ansando. Si coprì di nuovo gli occh. - vattene.
Sakuma lo aveva visto tante volte arrabbiato, ma mai a viso scoperto. Si sentiva come se fosse stato assassinato, e nel colore degli occhi di Kidou fissi su di lui vedeva riflesso il suo sangue come su di una lama. Con un groppo in gola, balbettò una scusa confusa, si alzò e si gettò fuori dalla camera, inciampando nei suoi stessi piedi. Corse fino alle scale, e si sedette sul primo gradino, con il cuore che gli martellava nel petto più per la reazione di Kidou che per la corsa.
- Sakuma-kun? - lo chiamò una voce leggermente stupita.
Sakuma alzò la testa, e vide Haruna che lo guardava da metà rampa con un'espressione leggermente preoccupata. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e cercò di mettere insieme un sorriso convincente – Ah ciao Haruna. Hai già finito di cenare?
La ragazza annuì, e si fece improvvisamente cupa. – Non che abbia mangiato molto. Dopo aver saputo di Kageyama-san... in effetti stavo salendo a vedere come stava Oniichan. Deve essere dura per lui.
Sakuma annuì senza dire nulla. La ragazza gli si sedette accanto – Tu come stai, Sakuma-kun? Era anche il tuo allenatore, dopotutto.
Sakuma strinse i denti. - E'...difficile – disse, dicendo una mezza bugia – ma sto bene. Abbastanza.
- Capisco – commentò Haruna, comprensiva. - Hai parlato con mio fratello, per caso?
Sakuma le raccontò brevemente. Haruna ascoltò con attenzione, e rifletté qualche minuto in silenzio.
- Immagino che Oniichan si senta un po' come se i nostri genitori fossero morti di nuovo – mormorò a un certo punto Haruna – Voglio dire... Sai che i nostri genitori sono morti in un incidente aereo, no? Immagino che all'epoca si sia sentito in dovere di essere forte per me, ma Kageyama-san riguarda solo lui, quindi... credo che si senta un po' incompreso. Mi dispiace che ti abbia trattato male, Sakuma-kun, non c'entri niente. Non devi prendertela però, sono sicura che Kidou non ce l'abbia con te. Anzi, probabilmente quando si sarà ripreso un po' sarà contento che tu sia andato a vedere come stava. - gli rivolse un piccolo sorriso, e Sakuma non potè fare a meno di ricambiarlo.
- Forse è meglio che scenda, non è il caso che vada a disturbarlo. - disse la ragazza, alzandosi e spolverandosi la gonna a pieghe. - Vieni anche tu, Sakuma-kun?
- No, rimango ancora un po' qui. Magari vado addirittura a letto, chissà. Sono un po' stanco – rifiutò con un sorriso Sakuma. Haruna gli sorrise di nuovo, e scese di nuovo al piano di sotto.
Sakuma stava seriamente pensando di alzarsi e andare nella sua camera, quando Kidou si sedette improvvisamente di fianco a lui. Non se lo aspettava, anche perchè non lo aveva sentito arrivare.
- Mi hai fatto venire un colpo – lo rimproverò Sakuma, come se pochi minuti prima non gli avesse urlato contro. - Almeno la prossima volta annuncia la tua presenza in qualche modo con -che so- un saluto, un colpo di tosse, un-
- mi dispiace. - lo interruppe Kidou.
Sakuma lo guardò. Non si era rimesso gli occhialini, e i suoi occhi rossi erano intensi più che mai. Un colore davvero assurdo, inquietante ma molto bello. Era davvero strano vederlo con il viso scoperto. Era visibilmente più tranquillo e rilassato di prima, e giocherellava con un buco nell'orlo dei pantaloni della sua tuta. Dopo un momento di silenzio, alzò lo sguardo e continuò – Sono stato davvero una merda. Ti ho trattato malissimo. Scusami. Voglio dire... - distolse ancora lo sguardo, sembrava quasi imbarazzato – è vero che non sai nulla di me, ma è perchè sono un idiota e- OW.
Sakuma lo aveva schiaffeggiato di impulso.
Kidou lo fissò esterrefatto e Sakuma si sentì avvampare. Cosa cazzo gli era saltato in mente?
- Io... io... scusa! Non so cosa.. - balbettò sentendosi le orecchie in fiamme. Fantastico. Adesso Kidou gli avrebbe urlato addosso di nuovo e gli avrebbe detto che non voleva avere più niente a che fare con lui. Voleva distogliere lo sguardo, ma non riusciva a staccare gli occhi dal viso confuso e stupito di Kidou.
Kidou rimase immobile un minuto buono. Poi sorrise, e cominciò a ridacchiare. Sakuma lo fissò, stupito.
- come fai a giocare a calcio con delle reazioni così lente, Sakuma? - rise Kidou, con le lacrime agli occhi.
Sakuma all'inizio non capì di cosa stava parlando. Poi, gli venne in mente che in effetti, se quello schiaffo fosse stato la risposta al comportamento di Kidou, era davvero arrivato tardi.
- non... non era per quello! - cercò di giustificarsi Sakuma – Era perchè... non voglio che tu ti chiami idiota solo perchè hai dei sentimenti. - ...non era quello che voleva dire. Cioè sì, ma per qualche motivo nella sua testa suonava molto meno imbarazzante.
- sei incredibile – gli sorrise Kidou, ripresosi dall'accesso di risa. - Io sarei stato fuori di me se qualcuno mi avesse trattato a quel modo. Oltretutto stavi cercando di aiutarmi e io...
- eri sconvolto – lo interruppe Sakuma, il rossore che non accennava a diminuire – e poi ti sei scusato. Non ho alcun motivo per essere arrabbiato.
Kidou sorrise. Rimasero seduti uno accanto all'altro ancora qualche minuto, poi Kidou si alzò.
- tra due giorni abbiamo una partita, e domani dobbiamo allenarci. Non è molto sano saltare la cena. Penso che andrò a mangiare qualcosa. Tu hai mangiato?
Sakuma annuì – sì, mi sa che andrò a letto.
- ok – sorrise Kidou, rinfilandosi gli occhialini (li aveva avuti appesi al collo tutto il tempo, ma Sakuma li notò solo quando li rimise) e cominciando a scendere le scale. A metà rampa si fermò, e tornò indietro.
- dimenticavo! - disse a Sakuma, chinandosi verso di lui per baciarlo sulla fronte – Questo è un grazie. Per tutto.
Mentre Kidou si dirigeva definitivamente al piano di sotto, Sakuma stava per sciogliersi in una poltiglia molto imbarazzata e felice in cima alle scale.
Note: Per questa fic ci è voluta una VITA. E Umbrychan che seguiva le mie pene lo sa bene. La dedico a lei perchè è stata così paziente da ascoltare tutti i miei scleri sulla plot e mi ha trovato un bellissimo titolo \o/ e a chiunque legga e commenti <333
(postarlo su livejournal è stato un parto. Cesareo. Gemellare.)
Fandom: Inazuma Eleven
Pairing: Kidou/Sakuma
Rating: PG
Warning: MASSIVE SPOILER ep 106, angst
Conteggio Parole: 2471 @ contaparole
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Con un peso sul petto, Sakuma era corso fuori dal refettorio, ed era salito al secondo piano scalando i gradini due a due. Arrivato davanti alla porta della sua stanza però, quasi non se la sentì di entrare. Era una persona orrenda, con che coraggio avrebbe potuto tentare di consolarlo?
Sapeva che Kidou stimava Kageyama con tutto se stesso, nonostante avesse avuto per una vita intera davanti agli occhi i suoi metodi discutibili, nonostante si fosse visto schierare contro addirittura i suoi stessi amici per colpa sua, nonostante tutta la bile che aveva dovuto deglutire; Kageyama era stato per lui più di un padre: era l’uomo che lo aveva cresciuto e fatto diventare quello che era.
Sakuma lo sapeva benissimo. In fondo, riusciva anche a capire perché Kidou lo ammirasse così tanto; anche lui era studente della Teikoku, e Kageyama era stato anche il suo allenatore. Ma Sakuma amava Kidou, e vederlo parlare con il loro ex-coach con quel tono che tradiva tutta la sua adorazione per lui, e il suo sollievo, lo aveva ferito orribilmente. Oltretutto si era sentito ancora peggio quando Kidou, quasi per dargli un’ultima possibilità, si era sfilato i suoi amati occhialini per Kageyama; spontaneamente, senza remore, in pubblico. Questo quando Sakuma invece, nell’intimità della sua stanza e a riparo da occhi indiscreti, per poterlo vedere in viso senza quegli stupidi cosi a coprirgli gli occhi, doveva chiederglielo espressamente –e con insistenza, pure- finché per esasperazione Kidou lo accontentava.
Aveva odiato vederlo con quell’espressione abbattuta mentre guardava Kageyama che veniva portato via, e aveva odiato ancora di più quando si era inchinato, onorandolo per qualcosa che non meritava. Per un attimo, più che di consolarlo aveva avuto una voglia irrefrenabile di prenderlo a calci in culo, anche se sapeva che Kidou ci stava davvero male, al pensiero di quell’uomo in prigione. Non poteva fare a meno di chiedersi se pensasse a come stava lui, costretto a guardarlo mentre praticamente si dichiarava ad un altro uomo.
Gli aveva tenuto il muso tutto il tempo, trattandolo con freddezza, prevedendo che nel momento in cui si sarebbe accorto che era arrabbiato con lui avrebbe fatto di tutto per capire cosa c’era che non andava e fare pace. Purtroppo Sakuma non aveva tenuto in conto che Kidou avrebbe potuto essere troppo concentrato sul pensiero del suo adorato Kageyama che veniva portato in prigione per rendersene minimamente conto. Kageyama gli sarebbe mancato fino al punto di non interessarsi più a lui? Sakuma era fuori di sé dalla gelosia e dalla rabbia.
Poi durante il telegiornale, la notizia.
“Oggi Mr K, allenatore degli Orpheus, la nazionale italiana, è mancato in un incidente d’auto.”
Kidou era stato il primo ad alzarsi di scatto, sconvolto, seguito da tutti gli altri. Anche Sakuma si era alzato, con un peso al petto; era stato anche il suo allenatore, e quando la morte ti passava così vicino era normale provare un certo brivido di angoscia. Poi improvvisamente si sentì leggero, come se qualcuno gli avesse levato un peso dal petto. Quando si rese conto che quella sensazione era sollievo si sentì disgustato di se stesso. Kageyama era stato una persona orrenda, che aveva fatto del male a un sacco di persone, lui compreso, Kidou compreso, ma tutto sommato non meritava di morire. Come poteva essere felice per la sua morte? Che razza di persona era?
Anche se nessuno in realtà aveva davvero fame dopo quella notizia, all’ora di cena Sakuma era comunque andato a mangiare con tutti gli altri. Tutti tranne Kidou. Se ne rese conto solo quando tutti si erano già seduti a tavola. Doveva essersi allontanato dal gruppo mentre si dirigevano verso il refettorio. Sakuma sentì la preoccupazione stringergli lo stomaco. Lasciando il suo vassoio intatto e ignorando i richiami di Fuyuka, era scappato via ed era salito rapidamente al piano di sopra.
Davanti alla porta di Kidou però non riusciva a decidersi di entrare.
Era un egoista. Ecco perché era salito fino a lì. Voleva trovare un modo per fare sentire meglio Kidou, così che potesse mettersi a posto la coscienza. Era davvero un insensibile della peggior specie.
I suoi pensieri furono interrotti da un suono soffocato.
- Kidou… - mormorò accostando le labbra alla porta. Stava piangendo? Non lo aveva mai visto piangere. Lo aveva visto urlare, prendere a pugni gli armadietti dello spogliatoio, arrabbiarsi col mondo e con chiunque gli capitasse a tiro, ma piangere mai. Forse dipendeva anche dal fatto che lo aveva visto a viso completamente scoperto qualcosa come tre volte nella sua vita.
Di nuovo quel suono lamentoso, un po’ meno soffocato. Sentì il nodo nello stomaco stringersi ulteriormente. Come l’avrebbe presa Kidou se fosse entrato in quel momento? Sakuma sapeva che le persone reagivano diversamente in certe situazioni, e solo perché a lui avrebbe fatto piacere avere qualcuno che lo abbracciasse e confortasse in un momento simile non voleva dire che Kidou avrebbe voluto lo stesso. Magari voleva essere lasciato solo. Magari non lo aveva mai visto piangere proprio perché quando aveva bisogno di sfogarsi in quel modo faceva in modo di non essere visto.
“Cosa devo fare?” pensò Sakuma, stringendo la maniglia della porta.
Per la terza volta, il singhiozzo soffocato di Kidou spedì un macigno di angoscia dritto sulla bocca dello stomaco di Sakuma succhiandogli via tutta l’aria. “Basta. Adesso entro”. Se Kidou non lo avesse voluto, lo avrebbe cacciato fuori e sarebbe morta lì.
- Kidou? – lo chiamò piano con la porta chiusa – posso entrare?
Nessuna risposta. Forse non lo aveva neanche sentito.
- Guarda che entro. Sto entrando – abbassò la maniglia e spinse lentamente la porta, che si aprì con un cigolio lievissimo.
Nonostante fosse già buio, la luce era spenta; quando aveva aperto la porta, il chiarore del corridoio aveva illuminato una sottile porzione di pavimento, rischiarando fiocamente la stanza. La prima impressione che ebbe, fu che la stanza fosse vuota.
- Kidou? – chiamò, guardandosi intorno e aprendo maggiormente la porta per fare entrare più luce.
Vide un movimento in un angolo della stanza, a metà tra il letto e la scrivania. Deglutì e si avvicinò.
Kidou, come aveva immaginato, era seduto a terra con le ginocchia al petto e la schiena contro il muro, infilato proprio nello spazio tra il letto e lo scrittoio. Si era tolto gli occhialini, che giacevano abbandonati a pochi centimetri da lui, e aveva gli occhi lucidi. Quando Sakuma arrivò di fianco a lui, Kidou lo guardò con uno sguardo colpevole negli occhi, come se fosse stato beccato a fare qualcosa di inappropriato.
- Sakuma – gracchiò a mo’ di saluto. A giudicare dalla sua voce, doveva aver pianto parecchio.
Sakuma era incerto sul da farsi. Non aveva pensato a cosa dire. Dava così per scontato che Kidou lo avrebbe calciato fuori nel momento in cui fosse entrato nella stanza che ora quasi si pentiva di essere entrato.
Si limitò a sedersi sul pavimento, rannicchiandosi come lui.
Rimasero uno di fianco all’altro con la schiena contro il muro per qualche minuto, senza parlare. L’unico suono che si sentiva era quello del vento che scuoteva i rami degli alberi del giardino, ma anche quello forse era immaginario, disperate com’erano le orecchie di Sakuma di sentire qualcosa che rompesse quel silenzio assordante. Il tempo si dilatava senza soluzione, Kidou fissava il vuoto davanti a sé e Sakuma lanciava di tanto in tanto un'occhiata al profilo del ragazzo seduto di fianco a lui, sempre più nitido man mano che i suoi occhi si abituavano all'oscurità.
Poi Kidou si mosse, passandosi una mano sugli occhi e sospirando pesantemente. - Scusami – mormorò con la voce roca – Sono ridicolo.
- Non è vero. - rispose in fretta Sakuma in un sussurro, non osando alzare la voce.
- Non è vero?! - ripetè Kidou seccato, con un'espressione infastidita, quasi arrabbiata. – Ma guardami! Sono qui, in un angolo a piangermi addosso come una ragazzina. Anzi, neanche Haruna aveva pianto così quando sono morti i nostri genitori. - Si strofinò di nuovo gli occhi.
Sakuma rimase in silenzio, riflettendo. Non sapeva bene cosa dire, e soprattutto dopo una cosa del genere non se la sentiva di parlare. Kidou era sempre molto riservato, e parlava raramente del periodo dell'orfanotrofio. Il fatto che si stesse aprendo con lui lo rincuorava e spaventava allo stesso tempo. Comunque, sentiva di dovergli rispondere in qualche modo, anche se non gli aveva davvero chiesto qualcosa.
- Non devi fare così – cominciò, un po' incerto. - Lo ammiravi moltissimo. E' normale piangere la morte di una persona così importante. E' stato lui che ti ha insegnato a giocare a calcio, no? Non c'è niente di sbagliato nel piang-
- Tu non capisci! - sbottò Kidou ad alta voce, sbattendo un pugno a terra, prendendo dentro gli occhialini che stavano di fianco a lui e che schizzarono chissà dove sul pavimento, e facendo sobbalzare Sakuma. - Non puoi capire, perchè non mi conosci affatto, non sai niente di me! Non hai idea di quanto sia sbagliato. Non hai... - la voce gli si ruppe e si fermò ansando. Si coprì di nuovo gli occh. - vattene.
Sakuma lo aveva visto tante volte arrabbiato, ma mai a viso scoperto. Si sentiva come se fosse stato assassinato, e nel colore degli occhi di Kidou fissi su di lui vedeva riflesso il suo sangue come su di una lama. Con un groppo in gola, balbettò una scusa confusa, si alzò e si gettò fuori dalla camera, inciampando nei suoi stessi piedi. Corse fino alle scale, e si sedette sul primo gradino, con il cuore che gli martellava nel petto più per la reazione di Kidou che per la corsa.
- Sakuma-kun? - lo chiamò una voce leggermente stupita.
Sakuma alzò la testa, e vide Haruna che lo guardava da metà rampa con un'espressione leggermente preoccupata. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e cercò di mettere insieme un sorriso convincente – Ah ciao Haruna. Hai già finito di cenare?
La ragazza annuì, e si fece improvvisamente cupa. – Non che abbia mangiato molto. Dopo aver saputo di Kageyama-san... in effetti stavo salendo a vedere come stava Oniichan. Deve essere dura per lui.
Sakuma annuì senza dire nulla. La ragazza gli si sedette accanto – Tu come stai, Sakuma-kun? Era anche il tuo allenatore, dopotutto.
Sakuma strinse i denti. - E'...difficile – disse, dicendo una mezza bugia – ma sto bene. Abbastanza.
- Capisco – commentò Haruna, comprensiva. - Hai parlato con mio fratello, per caso?
Sakuma le raccontò brevemente. Haruna ascoltò con attenzione, e rifletté qualche minuto in silenzio.
- Immagino che Oniichan si senta un po' come se i nostri genitori fossero morti di nuovo – mormorò a un certo punto Haruna – Voglio dire... Sai che i nostri genitori sono morti in un incidente aereo, no? Immagino che all'epoca si sia sentito in dovere di essere forte per me, ma Kageyama-san riguarda solo lui, quindi... credo che si senta un po' incompreso. Mi dispiace che ti abbia trattato male, Sakuma-kun, non c'entri niente. Non devi prendertela però, sono sicura che Kidou non ce l'abbia con te. Anzi, probabilmente quando si sarà ripreso un po' sarà contento che tu sia andato a vedere come stava. - gli rivolse un piccolo sorriso, e Sakuma non potè fare a meno di ricambiarlo.
- Forse è meglio che scenda, non è il caso che vada a disturbarlo. - disse la ragazza, alzandosi e spolverandosi la gonna a pieghe. - Vieni anche tu, Sakuma-kun?
- No, rimango ancora un po' qui. Magari vado addirittura a letto, chissà. Sono un po' stanco – rifiutò con un sorriso Sakuma. Haruna gli sorrise di nuovo, e scese di nuovo al piano di sotto.
Sakuma stava seriamente pensando di alzarsi e andare nella sua camera, quando Kidou si sedette improvvisamente di fianco a lui. Non se lo aspettava, anche perchè non lo aveva sentito arrivare.
- Mi hai fatto venire un colpo – lo rimproverò Sakuma, come se pochi minuti prima non gli avesse urlato contro. - Almeno la prossima volta annuncia la tua presenza in qualche modo con -che so- un saluto, un colpo di tosse, un-
- mi dispiace. - lo interruppe Kidou.
Sakuma lo guardò. Non si era rimesso gli occhialini, e i suoi occhi rossi erano intensi più che mai. Un colore davvero assurdo, inquietante ma molto bello. Era davvero strano vederlo con il viso scoperto. Era visibilmente più tranquillo e rilassato di prima, e giocherellava con un buco nell'orlo dei pantaloni della sua tuta. Dopo un momento di silenzio, alzò lo sguardo e continuò – Sono stato davvero una merda. Ti ho trattato malissimo. Scusami. Voglio dire... - distolse ancora lo sguardo, sembrava quasi imbarazzato – è vero che non sai nulla di me, ma è perchè sono un idiota e- OW.
Sakuma lo aveva schiaffeggiato di impulso.
Kidou lo fissò esterrefatto e Sakuma si sentì avvampare. Cosa cazzo gli era saltato in mente?
- Io... io... scusa! Non so cosa.. - balbettò sentendosi le orecchie in fiamme. Fantastico. Adesso Kidou gli avrebbe urlato addosso di nuovo e gli avrebbe detto che non voleva avere più niente a che fare con lui. Voleva distogliere lo sguardo, ma non riusciva a staccare gli occhi dal viso confuso e stupito di Kidou.
Kidou rimase immobile un minuto buono. Poi sorrise, e cominciò a ridacchiare. Sakuma lo fissò, stupito.
- come fai a giocare a calcio con delle reazioni così lente, Sakuma? - rise Kidou, con le lacrime agli occhi.
Sakuma all'inizio non capì di cosa stava parlando. Poi, gli venne in mente che in effetti, se quello schiaffo fosse stato la risposta al comportamento di Kidou, era davvero arrivato tardi.
- non... non era per quello! - cercò di giustificarsi Sakuma – Era perchè... non voglio che tu ti chiami idiota solo perchè hai dei sentimenti. - ...non era quello che voleva dire. Cioè sì, ma per qualche motivo nella sua testa suonava molto meno imbarazzante.
- sei incredibile – gli sorrise Kidou, ripresosi dall'accesso di risa. - Io sarei stato fuori di me se qualcuno mi avesse trattato a quel modo. Oltretutto stavi cercando di aiutarmi e io...
- eri sconvolto – lo interruppe Sakuma, il rossore che non accennava a diminuire – e poi ti sei scusato. Non ho alcun motivo per essere arrabbiato.
Kidou sorrise. Rimasero seduti uno accanto all'altro ancora qualche minuto, poi Kidou si alzò.
- tra due giorni abbiamo una partita, e domani dobbiamo allenarci. Non è molto sano saltare la cena. Penso che andrò a mangiare qualcosa. Tu hai mangiato?
Sakuma annuì – sì, mi sa che andrò a letto.
- ok – sorrise Kidou, rinfilandosi gli occhialini (li aveva avuti appesi al collo tutto il tempo, ma Sakuma li notò solo quando li rimise) e cominciando a scendere le scale. A metà rampa si fermò, e tornò indietro.
- dimenticavo! - disse a Sakuma, chinandosi verso di lui per baciarlo sulla fronte – Questo è un grazie. Per tutto.
Mentre Kidou si dirigeva definitivamente al piano di sotto, Sakuma stava per sciogliersi in una poltiglia molto imbarazzata e felice in cima alle scale.
Note: Per questa fic ci è voluta una VITA. E Umbrychan che seguiva le mie pene lo sa bene. La dedico a lei perchè è stata così paziente da ascoltare tutti i miei scleri sulla plot e mi ha trovato un bellissimo titolo \o/ e a chiunque legga e commenti <333
(postarlo su livejournal è stato un parto. Cesareo. Gemellare.)