Oct. 1st, 2014
Titolo: In the back of my mind
Fandom: Marvel Avengers
Pairing: None.
Rating: SAFE
Warning: Character Study, Angst, substance abuse (alcohol)
Wordcount: 1211
Note: partecipa a LDF's Pirates @fiumidiparole per il prompt ambientazione 2 (crossposted!)
Summary: Prima di ogni altra cosa, Tony è sempre stato il figlio di Howard Stark.
"Che cosa vuoi fare da grande, Tony?"
Zia Peggy era una delle sue zie preferite; non che vedesse spesso le sue altre zie. Ma zia Peggy quando veniva in visita trovava sempre un po' di tempo per giocare con lui, per raccontargli le storie di Captain America. Sembrava che fosse genuinamente interessata a quello che faceva Tony, e spesso si limitava a sedersi con lui sul tappeto a guardarlo mentre si occupava di quelli che Jarvis chiamava "i suoi progetti".
Tony era nel bel mezzo di un'operazione delicata, quando zia Peggy se n'era venuta fuori con quella strana domanda: aveva smontato una vecchia radio che Jarvis aveva trovato in un armadietto, e stava ora cercando di capire come rimetterla insieme.
Non aveva davvero tempo di pensare a una cosa così lontana come il proprio futuro.
"Non lo so," borbottò tra i denti, radunando i delicati componenti in piccole file ordinate sul tappeto.
"Non vorresti diventare un ingegnere come il tuo papà?"
A quelle parole, qualcosa di pesante gli scivolò in fondo alla pancia. Ma Tony ci era abituato; era la stessa sensazione che provava tutte le volte che papà lo beccava sul tappeto a smontare qualcosa, quando sbuffava infastidito e se ne andava borbottando qualcosa a mezza voce. Succedeva talmente spesso che Tony neanche ci pensava più, nemmeno mentre sotto le coperte aspettava di addormentarsi, circondato dal buio e dai ricordi della giornata.
"Nah. A papà non piace quando entro nel suo laboratorio. Non credo che voglia che io faccia l'ingegnere."
"Ma a te piacerebbe? Inventare cose, costruirle..?"
Tony fece spallucce, incerto su cosa rispondere. Mamma diceva sempre di obbedire a papà: era il suo dovere di figlio. "A papà dà fastidio," mormorò, giocherellando con una minuscola vite, facendola rotolare per il tappeto con la punta del cacciavite.
"Sarebbe un peccato non seguire la tua passione solo perché tuo padre è un antipatico. Penso che tu debba fare quello che ti piace, Tony. Saresti un bravo ingegnere."
La voce di zia Peggy era carica di convinzione e calore. Tony improvvisamente aveva l'impressione che zia Peggy si stesse trattenendo un po' troppo a lungo.
"Che cosa l'ha spinta a seguire le orme di suo padre, signor Stark?" chiese con un sorriso l'intervistatrice.
Mary qualcosa. O Margaret. Matilda? Stava diventando sempre peggio a tenere a mente i nomi delle giornaliste. Con questa non ci era nemmeno andato a letto. Per ora.
"Be', non potevo certo lasciare che la Stark Industries andasse in malora, no?" buttò lì, rispondendo al sorriso. Si lanciò nel solito discorsetto sull'importanza della compagnia e del suo ruolo nella difesa dei valorosi uomini che mettevano a disposizione le loro vite per la gloria e la salvezza del paese della libertà eccetera, e la giornalista appuntò qualcosa compiaciuta.
Il vero motivo era che Obie aveva convinto a prendere le redini della compagnia in vece di suo padre per ristabilirne il successo. Obie aveva visto qualcosa in lui che suo padre non aveva mai visto, una capacità di fare e di inventare nuovi apparecchi che non solo fossero efficaci, ma anche efficienti e resistenti. La qualità delle armi prodotte da Stark Industries era migliorata del 70% da quando Tony aveva praticamente ricostruito da zero la compagnia.
Provava una sottile piacere nel leggere le specifiche delle armi che progettava. Sapere che il mondo considerava la Stark Industries l'eccellenza sul mercato d'armi era qualcosa che lo riempiva di soddisfazione. Tony era bravo in quello che faceva, e finalmente aveva la dimostrazione reale e concreta del suo successo.
Alla faccia di suo padre, era quello che concludeva sempre questi piccoli slanci di compiacimento, ma Tony era ben allenato a ignorare quella voce in fondo alla mente. Suo padre era un capitolo chiuso. Howard era morto convinto che suo figlio fosse un fallimento, e Tony aveva deciso che non gli importava un cazzo di quello che pensava.
Il suo successo era assoluto, e nemmeno una bomba con il suo nome scritto sopra avrebbe potuto distruggerlo.
Una bomba con il suo nome scritto sopra era stato esattamente l'inizio della sua fine; ed era una fine che si avvicinava di giorno in giorno, di minuto in minuto, mentre cercava di affogare il conto dei secondi nel fondo annacquato di quello che era stato whiskey e ghiaccio fino a pochi momenti prima.
Se non avessi usato il palladio come nucleo per l'arc reactor. Se non avessi costruito il Gerico. Se non mi fossi fidato di Obadiah, se non fossi diventato CEO della Stark Industries. Se non mi fossi laureato in ingegneria e specializzazioni varie.
Se, se, se. La storia non si fa con i se, avrebbe borbottato suo padre, impilando vecchi documenti e rotoli di pellicola. Tony non aveva mai saputo se quella frase in particolare era rivolta a lui, una delle rare pillole di conoscenza che Howard Stark aveva cercato di passare al proprio figlio, oppure a se stesso, tormentato da qualche ignoto fantasma del passato.
Tony ogni tanto si chiedeva se suo padre avesse mai fatto quello stesso gioco. Se Rogers fosse qui. Se Rogers non si fosse schiantato nei ghiacci. Se non avessi contribuito alla missione. Se non gli avessi dato lo scudo. Se non avessi partecipato al progetto Rebirth.
Era un corso di pensieri rischioso, quello. Perché anche se era ubriaco marcio, a Tony faceva un po' impressione pensare a suo padre come un uomo dotato di sentimenti.
"Mi ha fatto un po' impressione, a dire il vero" ammise Rogers. "Gli assomigli davvero molto."
Il buon proposito di non bere era appena volato fuori dalla finestra, ma Tony non aveva intenzione di farselo pesare. Howard era una delle giustificazioni ammesse dal suo bisogno di auto-medicazione. Era nelle sue regole personali.
"Buono a sapersi. Aiutami a compilare un promemoria per me stesso, per ricordarmi di non avere mai figli. Non voglio rischiare di rendere la loro vita uno schifo," disse. Captain Rogers diventò bianco come un cencio e cominciò a balbettare qualcosa che suonava come oh mio Dio, non intendevo in quel modo.
"Non ti preoccupare, per fortuna non sono particolarmente interessato. Anche perché probabilmente sarei un pessimo padre, apparentemente sono un buono a nulla, asociale, quello che era."
Ooops. Era molto più ubriaco di quello che pensasse. O forse era Rogers. Aveva quest'aria così onesta, così genuina. Probabilmente era contagioso. Forse Tony avrebbe dovuto tenersene lontano. Non era pronto a trovare una cura miracolosa per quel suo piccolo vizio di essere un bugiardo patologico.
L'espressione di Rogers era talmente incastrata nello sforzo di non sembrare impietosito che sembrava sul punto di avere un aneurisma.
"Rogers. Steve. Howard era un tuo amico, ma era anche un pessimo padre. Non è un dramma, ci si vive, non ti considero una brutta persona solo perché lo trovavi simpatico. Giriamo pagina, e smettila di fare quella faccia," disse, tirandogli una ditata sul braccio. "Sembra che qualcuno abbia preso a calci il tuo cucciolo."
"Tony," mormorò con una voce molto seria, ricomponendosi. "Mi dispiace molto che Howard sia stato un bastardo nei tuoi confronti." Aveva un'espressione così seria che Tony quasi gli scoppiò in faccia a ridere. Non sarebbe stato molto carino.
Allo stesso tempo, c'era qualcosa di gradevole nell'avere Capitan America scusarsi ufficialmente per il comportamento di quel deficiente di tuo padre, come se fosse causa di una crisi internazionale.
Tony accettò le scuse con un cenno del capo, e sorrise nel proprio bicchiere.
Fandom: Marvel Avengers
Pairing: None.
Rating: SAFE
Warning: Character Study, Angst, substance abuse (alcohol)
Wordcount: 1211
Note: partecipa a LDF's Pirates @fiumidiparole per il prompt ambientazione 2 (crossposted!)
Summary: Prima di ogni altra cosa, Tony è sempre stato il figlio di Howard Stark.
"Che cosa vuoi fare da grande, Tony?"
Zia Peggy era una delle sue zie preferite; non che vedesse spesso le sue altre zie. Ma zia Peggy quando veniva in visita trovava sempre un po' di tempo per giocare con lui, per raccontargli le storie di Captain America. Sembrava che fosse genuinamente interessata a quello che faceva Tony, e spesso si limitava a sedersi con lui sul tappeto a guardarlo mentre si occupava di quelli che Jarvis chiamava "i suoi progetti".
Tony era nel bel mezzo di un'operazione delicata, quando zia Peggy se n'era venuta fuori con quella strana domanda: aveva smontato una vecchia radio che Jarvis aveva trovato in un armadietto, e stava ora cercando di capire come rimetterla insieme.
Non aveva davvero tempo di pensare a una cosa così lontana come il proprio futuro.
"Non lo so," borbottò tra i denti, radunando i delicati componenti in piccole file ordinate sul tappeto.
"Non vorresti diventare un ingegnere come il tuo papà?"
A quelle parole, qualcosa di pesante gli scivolò in fondo alla pancia. Ma Tony ci era abituato; era la stessa sensazione che provava tutte le volte che papà lo beccava sul tappeto a smontare qualcosa, quando sbuffava infastidito e se ne andava borbottando qualcosa a mezza voce. Succedeva talmente spesso che Tony neanche ci pensava più, nemmeno mentre sotto le coperte aspettava di addormentarsi, circondato dal buio e dai ricordi della giornata.
"Nah. A papà non piace quando entro nel suo laboratorio. Non credo che voglia che io faccia l'ingegnere."
"Ma a te piacerebbe? Inventare cose, costruirle..?"
Tony fece spallucce, incerto su cosa rispondere. Mamma diceva sempre di obbedire a papà: era il suo dovere di figlio. "A papà dà fastidio," mormorò, giocherellando con una minuscola vite, facendola rotolare per il tappeto con la punta del cacciavite.
"Sarebbe un peccato non seguire la tua passione solo perché tuo padre è un antipatico. Penso che tu debba fare quello che ti piace, Tony. Saresti un bravo ingegnere."
La voce di zia Peggy era carica di convinzione e calore. Tony improvvisamente aveva l'impressione che zia Peggy si stesse trattenendo un po' troppo a lungo.
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"Che cosa l'ha spinta a seguire le orme di suo padre, signor Stark?" chiese con un sorriso l'intervistatrice.
Mary qualcosa. O Margaret. Matilda? Stava diventando sempre peggio a tenere a mente i nomi delle giornaliste. Con questa non ci era nemmeno andato a letto. Per ora.
"Be', non potevo certo lasciare che la Stark Industries andasse in malora, no?" buttò lì, rispondendo al sorriso. Si lanciò nel solito discorsetto sull'importanza della compagnia e del suo ruolo nella difesa dei valorosi uomini che mettevano a disposizione le loro vite per la gloria e la salvezza del paese della libertà eccetera, e la giornalista appuntò qualcosa compiaciuta.
Il vero motivo era che Obie aveva convinto a prendere le redini della compagnia in vece di suo padre per ristabilirne il successo. Obie aveva visto qualcosa in lui che suo padre non aveva mai visto, una capacità di fare e di inventare nuovi apparecchi che non solo fossero efficaci, ma anche efficienti e resistenti. La qualità delle armi prodotte da Stark Industries era migliorata del 70% da quando Tony aveva praticamente ricostruito da zero la compagnia.
Provava una sottile piacere nel leggere le specifiche delle armi che progettava. Sapere che il mondo considerava la Stark Industries l'eccellenza sul mercato d'armi era qualcosa che lo riempiva di soddisfazione. Tony era bravo in quello che faceva, e finalmente aveva la dimostrazione reale e concreta del suo successo.
Alla faccia di suo padre, era quello che concludeva sempre questi piccoli slanci di compiacimento, ma Tony era ben allenato a ignorare quella voce in fondo alla mente. Suo padre era un capitolo chiuso. Howard era morto convinto che suo figlio fosse un fallimento, e Tony aveva deciso che non gli importava un cazzo di quello che pensava.
Il suo successo era assoluto, e nemmeno una bomba con il suo nome scritto sopra avrebbe potuto distruggerlo.
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Una bomba con il suo nome scritto sopra era stato esattamente l'inizio della sua fine; ed era una fine che si avvicinava di giorno in giorno, di minuto in minuto, mentre cercava di affogare il conto dei secondi nel fondo annacquato di quello che era stato whiskey e ghiaccio fino a pochi momenti prima.
Se non avessi usato il palladio come nucleo per l'arc reactor. Se non avessi costruito il Gerico. Se non mi fossi fidato di Obadiah, se non fossi diventato CEO della Stark Industries. Se non mi fossi laureato in ingegneria e specializzazioni varie.
Se, se, se. La storia non si fa con i se, avrebbe borbottato suo padre, impilando vecchi documenti e rotoli di pellicola. Tony non aveva mai saputo se quella frase in particolare era rivolta a lui, una delle rare pillole di conoscenza che Howard Stark aveva cercato di passare al proprio figlio, oppure a se stesso, tormentato da qualche ignoto fantasma del passato.
Tony ogni tanto si chiedeva se suo padre avesse mai fatto quello stesso gioco. Se Rogers fosse qui. Se Rogers non si fosse schiantato nei ghiacci. Se non avessi contribuito alla missione. Se non gli avessi dato lo scudo. Se non avessi partecipato al progetto Rebirth.
Era un corso di pensieri rischioso, quello. Perché anche se era ubriaco marcio, a Tony faceva un po' impressione pensare a suo padre come un uomo dotato di sentimenti.
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"Mi ha fatto un po' impressione, a dire il vero" ammise Rogers. "Gli assomigli davvero molto."
Il buon proposito di non bere era appena volato fuori dalla finestra, ma Tony non aveva intenzione di farselo pesare. Howard era una delle giustificazioni ammesse dal suo bisogno di auto-medicazione. Era nelle sue regole personali.
"Buono a sapersi. Aiutami a compilare un promemoria per me stesso, per ricordarmi di non avere mai figli. Non voglio rischiare di rendere la loro vita uno schifo," disse. Captain Rogers diventò bianco come un cencio e cominciò a balbettare qualcosa che suonava come oh mio Dio, non intendevo in quel modo.
"Non ti preoccupare, per fortuna non sono particolarmente interessato. Anche perché probabilmente sarei un pessimo padre, apparentemente sono un buono a nulla, asociale, quello che era."
Ooops. Era molto più ubriaco di quello che pensasse. O forse era Rogers. Aveva quest'aria così onesta, così genuina. Probabilmente era contagioso. Forse Tony avrebbe dovuto tenersene lontano. Non era pronto a trovare una cura miracolosa per quel suo piccolo vizio di essere un bugiardo patologico.
L'espressione di Rogers era talmente incastrata nello sforzo di non sembrare impietosito che sembrava sul punto di avere un aneurisma.
"Rogers. Steve. Howard era un tuo amico, ma era anche un pessimo padre. Non è un dramma, ci si vive, non ti considero una brutta persona solo perché lo trovavi simpatico. Giriamo pagina, e smettila di fare quella faccia," disse, tirandogli una ditata sul braccio. "Sembra che qualcuno abbia preso a calci il tuo cucciolo."
"Tony," mormorò con una voce molto seria, ricomponendosi. "Mi dispiace molto che Howard sia stato un bastardo nei tuoi confronti." Aveva un'espressione così seria che Tony quasi gli scoppiò in faccia a ridere. Non sarebbe stato molto carino.
Allo stesso tempo, c'era qualcosa di gradevole nell'avere Capitan America scusarsi ufficialmente per il comportamento di quel deficiente di tuo padre, come se fosse causa di una crisi internazionale.
Tony accettò le scuse con un cenno del capo, e sorrise nel proprio bicchiere.
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