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I wanna know, because I'm slightly behind on time

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Title: I wanna know, because I'm slightly behind on time
Fandom: MCU Captain America
Pairing: hint!Bucky/Steve
Rating: Safe
Warning: Post-movie, past torture, panic attacks, angst
Wordcount: 3203
Note: Partecipa a LDF's Pirates @ [livejournal.com profile] maridichallenge (crossposted)
Betareader: [livejournal.com profile] faechan
Summary:
L'unica differenza era che avevano passato settimane a fare buchi nell'acqua; dozzine di avamposti, laboratori, stanze di tortura, con la rabbia che montava e la determinazione che impallidiva ad ogni tappa, e non una traccia di Bucky. Un fantasma, come aveva detto Natasha, quando ancora non sapevano che volto avesse il Soldato d'Inverno. Poi, durante l'ultimo attacco andato a vuoto, mentre contattavano Stark per farsi estrarre, un'ombra si era solidificata da dietro un muro, un fucile di precisione appoggiato contro la spalla ed un'espressione combattuta sul volto. Bucky. Che aveva guardato loro le spalle per tutto quel tempo, come un silenzioso, letale angelo custode.

Aveva trascorso la prima parte del viaggio completamente teso, la schiena rigida e i muscoli contratti; poi la stanchezza aveva avuto la meglio sulla sua diffidenza, la sua postura si era gradualmente rilassata e aveva finito per adagiarsi scompostamente contro il finestrino. In pochi minuti si era addormentato.

Guardare Bucky dormire era così domestico da sembrare surreale. Nella mente di Steve, la figura addormentata del Soldato davanti a lui continuava a sovrapporsi con quella del suo migliore amico, stravaccato su un fianco ad un'estremità del minuscolo divano che spesso condividevano, nel loro appartamento di Brooklyn, una vita e mezza fa.

Ricordava che Bucky si lasciava cadere sgraziatamente sul cuscino opposto a quello in cui lui era seduto, calciava via le scarpe per potersi sedere con le gambe piegate sotto di sé e si metteva a leggere il nuovo numero di qualcuno dei suoi settimanali di fantascienza, aprendo il giornaletto sgangherato usando lo schienale del divano come leggio, in una posizione talmente scomoda che Steve sentiva la propria scoliosi peggiorare solo a guardarlo; ricordava le lunghe domeniche pomeriggio passate a disegnare o a leggere, con Bucky che finiva inesorabilmente per appisolarsi con il naso schiacciato contro le pagine, stanco per la notte precedente passata a ballare con qualche ragazza.

Steve e Sam si erano precipitati in Europa su una pista che li aveva portati a rivivere le operazioni degli Howling Commandos come un sinistro flashback: Steve che disobbediva gli ordini, Stark che dava loro uno strappo fino al continente nel suo jet privato, Sam che gli copriva le spalle mentre facevano a pezzi avamposti di Hydra annidati in angoli remoti di Germania, Polonia, Francia, come se non li avessero già smantellati nel '44. L'unica differenza era che avevano passato settimane a fare buchi nell'acqua; dozzine di avamposti, laboratori, stanze di tortura, con la rabbia che montava e la determinazione che impallidiva ad ogni tappa, e non una traccia di Bucky. Un fantasma, come aveva detto Natasha, quando ancora non sapevano che volto avesse il Soldato d'Inverno. Poi, durante l'ultimo attacco andato a vuoto, mentre contattavano Stark per farsi estrarre, un'ombra si era solidificata da dietro un muro, un fucile di precisione appoggiato contro la spalla ed un'espressione combattuta sul volto. Bucky. Che aveva guardato loro le spalle per tutto quel tempo, come un silenzioso, letale angelo custode.

Si era lasciato accompagnare nello squallido motel che avevano usato come HQ durante quella tappa, aveva accettato di usare il loro bagno, di cambiarsi nei vestiti che gli avevano dato. Nella luce artificiale aveva un aspetto davvero terribile, magro, sporco e trascurato com'era. Nei suoi occhi c'era la stanchezza e la rassegnazione di qualcuno che non aveva più la forza di fuggire e di nascondersi, ed ogni suo movimento, nel modo in cui cercava di occupare il minor spazio possibile, premendosi contro gli angoli della stanza quando pensava che nessuno lo stesse guardando, tradiva la malcelata paura di aver preso la decisione sbagliata.

Eppure per qualche motivo, si fidava di Steve. Non aveva detto una parola, ma lo guardava spesso, come alla ricerca di conferma; aveva lasciato che Maria Hill iniziasse a perquisirlo prima di salire sul jet, ma si era rilassato visibilmente quando Steve si era offerto di concludere l'ispezione al suo posto; e l'unica cosa che aveva fatto, l'unica azione spontanea da quando aveva deciso di uscire allo scoperto, era stato allungare la mano destra e toccare Steve, come per assicurarsi che fosse lì per davvero, solido e presente di fianco a lui, prima di salire sul jet e sedersi vicino al finestrino, con l'aria tesa di un ragazzino colto nell'atto di fare qualcosa che non avrebbe dovuto. Infine, si era addormentato, vulnerabile e fiducioso, come se l'ultima volta che aveva fatto una cosa del genere non fosse stato settant'anni prima, come se nulla fosse cambiato. Steve aveva sentito qualcosa spezzarsi dentro di sé.

Ricordava tutte le volte che lo aveva disegnato mentre dormiva, e tutte le volte che Bucky lo aveva rimproverato per averlo fatto. A volte Steve non poteva proprio farne a meno, non aveva mai visto nessuno dormire come Bucky. Era sempre stato un ragazzo attraente, ma quando dormiva aveva le espressioni più ridicole che avesse mai visto. Ma soprattutto aveva la strana innocenza di un bambino che si era addormentato a scuola con la testa sul banco, con la bocca semiaperta, qualcosa di infantile nel modo in cui sembrava sempre avere il broncio. Pensò distrattamente che gli sarebbe piaciuto disegnarlo anche adesso, con quelle ciocche di capelli che gli cadevano sul viso, con il braccio sinistro piegato sotto al busto, quella strana fanciullezza che Bucky aveva sempre avuto e che riemergeva ora che il sonno aveva cancellato la tensione dalla sua fronte, la rigidità dalla sua mascella.

Improvvisamente la quiete si spezzò. Bucky si irrigidì, digrignando i denti intorno a qualcosa che non c'era, le mani percorse da spasmi, il respiro corto, il viso contorto in un espressione che sarebbe potuta essere di paura, o di dolore, e Steve mentalmente si maledisse; era stato così contento di indulgere nel dormiveglia alle proprie reminiscenze di un tempo più felice, da quasi dimenticarsi che niente era più come prima. Avevano combattuto una guerra, e sapeva che il sonno era raramente un momento di vera pace; non poteva neanche immaginare quanto profonde fossero le ferite che l'Hydra aveva lasciato nella mente di Bucky.

Costringendosi a rimanere calmo, Steve scivolò silenziosamente dal suo sedile e si inginocchiò davanti all'uomo tremante. Non osava toccarlo, anche se l'impulso di scuoterlo per svegliarlo e strapparlo a qualunque incubo lo stesse dilaniando era molto forte. Cominciò a chiamarlo piano, con voce ferma. Nella sua visione periferica vide Sam che si avvicinava; il movimento improvviso lo aveva strappato dal dormiveglia in cui era caduto, e si era alzato, pronto a intervenire.

Lo chiamò una, due, tre volte invano, cercando di non alzare troppo la voce per paura di peggiorare lo stato di allarme in cui già si trovava.

Bucky si svegliò al quarto tentativo, la paura negli occhi, una lunga stringa di parole incomprensibili sulla lingua e le mani strette sulle spalle di Steve, solide abbastanza da lasciargli i lividi, ma stranamente fragili, come se incapace di opporre una vera resistenza; poi un momento di lucidità, improvviso come il panico di pochi minuti prima: "Steve," disse. Tremava, la fronte madida di sudore e il fiato corto.

"Sì," sorrise Steve, toccandogli le braccia, le gambe, in una carezza rassicurante. "Sei al sicuro, Bucky, era solo un incubo. Siamo sull'aereo, stiamo tornando a casa."

"Casa," ripeté Bucky. Uno spasmo, forse l'ombra di un sorriso.

...


Spari. Esplosioni. Il rumore del traffico. Gli uomini della squadra di supporto che parlano sottovoce nelle lunghe attese prima di una missione.

Il chiacchiericcio dei medici e dei tecnici. Il ronzio dei macchinari. Il crepitio dell'elettricità.

Lunghe sequenze di ordini. Memorizzazione. Portare a termine la missione nel minor tempo possibile.

Concentrazione. Il quieto mormorio dell'idraulica nel braccio sinistro. Lo scricchiolio del guanto di pelle, quando flette la mano intorno all'impugnatura di una pistola.

Statica. Rumore bianco. L'esistenza di una risorsa di Hydra è immersa nell'ossessiva ripetizione di ordini e obiettivi.

La missione da portare a termine. Il tempo massimo concesso. Il soggetto da eliminare. Le variabili da tenere in considerazione. Il tipo di arma che ha a disposizione, la pianta dell'edificio, i veicoli che guiderà.

Il resto è statica. Rumore bianco. Non c'è spazio per pensare. Statica. Rumore bianco. Fischi acuti.

Missioni e risorse hanno nomi per comodità. Project Insight. Winter Soldier.

Bucky?

Errore. L'obiettivo ha tentato di stabilire un contatto con la risorsa.

Mancanza dati. Un vuoto nel sistema. Era già capitato, in passato. Variabili impreviste possono impedire lo svolgimento della procedura standard. Improvvisazione unico modo di procedere a disposizione.

Chi diavolo è Bucky?

Errore. Procedura non ortodossa. Rispondere ad una provocazione non è un requisito di una risorsa. Hydra fa affidamento su risorse efficienti ed efficaci. Efficienza compromessa. Compensazione necessaria.

Errore. Missione fallita. Missione fallita. Estrazione anticipata.

Dati in entrata. No, dati in uscita. No. Elaborazione dati? L'uomo sul ponte. Impossibile ottenere informazioni complete sul soggetto.

Rapporto missione.

Errore. Carenza dati. L'uomo sul ponte? La sua mente è piena di statica. E' una statica diversa dal solito. Erratica. Instabile. Nitida.

Rapporto missione, ora.

Errore. Carenza dati. L'uomo sul ponte era familiare. Impossibile stabilire informazioni complete sul soggetto.

Contatto- no. Impatto. Dolore. Concentrarsi sull'uomo che sta richiedendo i suoi servizi. Incaricato Alexander Piercer: rapporto missione.

Carenza dati.

L'uomo sul ponte. Chi era?

Domanda: procedura non ortodossa. Risposta: informazioni insufficienti.

Lo conoscevo.

Anche Incaricato Alexander Pierce adotta improvvisamente una procedura non ortodossa: propaganda. La propaganda non era necessaria per assicurare il successo di un incarico. E' compito delle risorse portare a termine la missione. Nessuna informazione utile.

Carenza dati.

Ma io lo conoscevo.

L'uomo sul ponte non era una risorsa. Winter Soldier: risorsa. Missioni e risorse hanno nomi per comodità.

Project Insight. Winter Soldier. Bucky?

Incaricato Alexander Pierce: accesso informazioni "uomo sul ponte" negato. Incaricato Alexander Pierce: la prestazione della risorsa è insoddisfacente.

Preparatelo.

Ha sospeso la crioterapia troppo a lungo...

Errore. Errore. Errore. La statica lo stordisce. Incaricato Alexander Pierce: la prestazione della risorsa è insoddisfacente.

Riportatelo a zero.

Procedura standard in fase di iniziazione?

No.

La procedura è familiare. Non ha dati sulla procedura, ma riconosce la fase preliminare dal comportamento dei medici e dei tecnici.

La procedura è familiare. Non è mai stato sottoposto alla procedura dopo una missione.

Procedura non ortodossa.

Ricominciate.

No. Procedura non ortodossa. Procedura non ortodossa. Non avevano mai usato la procedura dopo una missione. Accesso alle informazioni negato.

E' compito di una risorsa portare a termine la missione. E' compito di una risorsa non discutere gli ordini. Non opporre resistenza alla manutenzione è un requisito della risorsa.

La sedia limita la sua mobilità. Respirazione insufficiente. Non opporre resistenza alla manutenzione è un requisito della risorsa. Respirazione insufficiente. La procedura è familiare. Non ha dati sulla procedura. Procedura non ortodossa.

Non ha dati sulla procedura, ma ricorda il crepitio dell'elettricità, ricorda gli spasmi, ricorda i crampi e la sensazione di essere rivoltato come un guanto, la sensazione che qualcuno avesse dato fuoco al suo nervo ottico.

Procedura non ortodossa. La procedura era familiare. La procedura era indesiderata. La strumentazione si chiuse intorno alla sua testa.

Procedura non ortodossa, procedura non ortodossa, procedura non ortod-



Libero. Improvvisamente libero. Nel momento in cui sentì di non essere più imprigionato nella sedia, si alzò a sedere, cercando di allontanare da sé il tecnico più vicino. Priorità: mettersi in salvo; allontanare minacce. Allontanare fonti di pericolo, di dolore.

Requisito delle risorse: non opporre resistenza alla manutenzione. Non opporre resistenza alla manutenzione. Le parole erano sulle sue labbra, tutta la forza nei suoi pugni si era completamente dileguata. Spinse contro l'aggressore, ma non riuscì a spostarlo nemmeno di un millimetro. Il suo corpo tremava, pateticamente. Nessuna via d'uscita.

Ricalibrazione. Priorità: analizzare aggressore ed eventuale reazione al tentativo di fuga.

Ma l'uomo davanti a lui non stava cercando di tenerlo fermo, o di rimetterlo nella sedia, o di punirlo in qualche modo. L'uomo davanti a lui era l'uomo del ponte. No. Steve. E aveva sul viso un'espressione che aveva visto così raramente rivolta verso di lui che non era sicuro di averla interpretata correttamente.

"Bucky?"

Le sue mani erano ancora chiuse intorno alle spalle dell'uomo, nel tentativo di tenerlo a distanza, ma l'uomo non ne sembrava preoccupato. Steve. Il suo nome era Steve. Lo conosceva.

"Steve." pronunciò ad alta voce.

"Sì," sorrise l'uomo. Steve.

Contatto. Si irrigidì. Impatto? No. Dolore? No.

"Sei al sicuro Bucky, era solo un incubo. Siamo sull'aereo, stiamo tornando a casa," mormorò Steve con tono gentile. La mano sul suo braccio destro era calda e solida, familiare ed estranea al tempo stesso.

"Casa," ripetè, confuso. Casa era un concetto estraneo. Tornare a casa forse si riferiva all'estrazione? Il freddo della cabina criogenica gli riaffiorò nella memoria, mandandogli un brivido lungo la spina dorsale.

Ma Steve non era Hydra. Steve aveva un sorriso gentile, e le sue mani erano calde sulle sue gambe. Reali. Solide.

Voleva toccarlo, voleva rispondere, interagire con Steve, ma il suo respiro era irregolare e il suo corpo percosso da tremiti incontrollabili, e un groviglio di sensazioni gli bloccava la bocca dello stomaco. Avrebbe voluto annuire, o dire qualcosa, ma era come se il sangue gli si fosse congelato nelle vene, e temeva di non riuscire a muovere il numero di muscoli necessario per fare nessuna delle due cose.

"Il tuo nome è James Buchanan Barnes, è il 2014 e siamo in volo verso Washington DC, negli Stati Uniti. Siamo partiti qualche ora fa da Lublin. Ti sei addormentato, e hai avuto un incubo. Hydra non esiste più, non dovrai mai più tornare da loro. Va tutto bene, Bucky," mormorò Steve, alzandosi lentamente dalla posizione inginocchiata in cui si era trovato fino a quel momento per sedersi di fianco a lui.

Bucky. Anche mentre seguivano le tracce di Hydra per demolire i vari avamposti, aveva sentito più di una volta Steve pronunciare quel nome, mentre parlava con l'uomo con le ali.

Era stato solo dopo molto tempo che aveva capito che si stavano riferendo a lui.

Fino ad allora aveva saputo che Bucky era il nickname di James Buchanan Barnes, braccio destro di Capitan America durante la Seconda Guerra Mondiale. Il cecchino degli Howling Commandos. Aveva assorbito tutte le informazioni che aveva potuto dall'esibizione dedicata a Capitan America, dopo aver ricevuto quel nome.

All'epoca aveva creduto che fosse un comando in codice. Una parola chiave di qualche tipo magari, non sarebbe stata la prima volta, ma nessuna chiave prima d'ora aveva avuto l'effetto che quella parola aveva avuto su di lui.

"Bucky" aveva reso la procedura inefficace. Sapeva fino ad un certo punto che la procedura serviva a cancellare informazioni irrilevanti dalla sua mente, perché era un requisito di una risorsa essere al massimo dell'efficienza, ma questa volta le informazioni erano rimaste. Aveva avuto paura, all'inizio. Se Hydra aveva dato l'ordine di una procedura supplementare doveva essere qualcosa di pericoloso; Incaricato Pierce era sembrato così furioso davanti al fallimento della missione. Era sua priorità portarla a termine a tutti i costi, sapeva che se non fosse riuscito a completarla sarebbe stato dimesso. Qualcosa in fondo alla sua mente però, la stessa cosa che si era risvegliata quando Steve aveva detto "Bucky" per la prima volta, lo aveva spinto a ignorare la sua missione, alla fine, e sapeva che era stato l'uomo sul ponte a innescare le conseguenze.

Era convinto che qualunque fosse l'informazione codificata in "Bucky" fosse importante, e dal momento che informazioni su Barnes non lo avevano aiutato, forse era qualcosa che era legato personalmente a Steve.

Era stata la sua motivazione per seguirli fino in Europa. Ma man mano che il tempo passava, il ragionamento interno che lo aveva retto fino a quel momento aveva cominciato a sfaldarsi. Era stanco, era affamato, era ferito. Aveva cominciato a pensare. Aveva cominciato a sentire, a rendersi conto che le sue mani erano differenti se le guardava troppo da vicino. Ignorare la paura della consapevolezza di essere stato vittima di qualcosa di terribile stava cominciando a diventare più difficile.

Quella sera, acquattato in un albero per mezza giornata eliminando agenti di Hydra prima che potessero arrivare nella portata di Steve e del suo compagno con le ali, aveva improvvisamente visto se stesso. Era un'ombra. Lo avevano chiamato fantasma, in passato, ma era differente. Seguiva le orme di Steve talmente da vicino che quasi non ricordava perchè lo stesse facendo. Era come una seconda natura. Qualcosa che aveva già fatto, che non poteva esimersi dal fare, qualcosa che avrebbe fatto fino alla fine.

Non aveva intenzione di ammettere a se stesso di essere James Buchanan Barnes, così come non aveva intenzione di ammettere che l'arma letale che lo aveva servito per tutti quegli anni durante tutte quelle missioni era anche il suo braccio sinistro, o che vedere Steve uscire tutto intero da un avamposto Hydra lo riempiva di sollievo e di una certa soddisfazione.

Era stata la mancanza di ordini a farlo cedere. Hydra era indissolubilmente legata a ricordi di dolore e di paura, ma anche di proposito, di obiettivo. Quando aveva scoperto il significato di "Bucky", si era autoimposto di aiutare Steve a smantellare Hydra una volta per tutte. L'avamposto di quattro giorni prima era l'ultimo focolaio attivo rimasto. Sarebbero tornati in America, e poi? Cosa ne sarebbe stato di lui?

Si era consegnato come un prigioniero. Come un agente caduto in mani nemiche, ma ormai troppo esausto per continuare a lottare. Ma Steve lo aveva trattato come un soldato tornato da una missione suicida, miracolosamente in vita. Aveva offerto un trattamento di cui un'arma non aveva bisogno, ma di cui si era sorprendentemente trovato a sentire la mancanza. Era surreale. Quasi troppo bello per essere vero.

Ma con la mano di Steve premuta contro il ginocchio, mentre cercava di far tornare il proprio respiro ad una frequenza normale, decise che ci avrebbe creduto finchè poteva.