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We're (not) under the same sky

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Title: We're (not) under the same sky
Fandom: X-Men; First Class
Pairing: none
Rating: Safe
Warning: Dystopian!AU
Wordcount: 1146
Summary: Difficile credere che il paesaggio intorno a loro potesse aver avuto un aspetto simile, un tempo; intorno al Ristoro non cresceva niente, la terra era grigia e brulla, il cielo era coperto di nuvole scure e il sole non si vedeva.
Note: Fill per il COWT4, sesta settimana, prompt: Nuovo Mondo
Legato alla serie di Rain'verse, che ho abbandonato anni fa *sigh*.

Uno dei libri preferiti di Charles di quando lavorava nella Biblioteca era un piccolo volumetto che spiegava il ciclo dell'acqua; a giudicare dalle illustrazioni che una volta dovevano essere vivaci e colorate, era probabilmente un libro per bambini, ma poco importava. Non appena aveva un momento libero, Charles lo prendeva attentamente dallo scaffale in cui era riposto e lo sfogliava, guardando la pioggia disegnata con tanti trattini scendere sulle pallide montagne e raccogliersi in laghi e fiumi di un azzurro talmente chiaro che era quasi bianco, per poi scendere al mare ed evaporare in tante nuvole cotonose. Le colline e i prati erano colorati di un tenue verde, pieni di fiori rosa e viola solcati da fiumi popolati di pesci, il cielo era azzurro come i laghi e il sole era disegnato come un disco giallo con un'espressione sorridente.

Difficile credere che il paesaggio intorno a loro potesse aver avuto un aspetto simile, un tempo; intorno al Ristoro non cresceva niente, la terra era grigia e brulla, il cielo era coperto di nuvole scure e il sole non si vedeva.

Charles sapeva che non erano neanche a metà strada, e più di una volta aveva avuto la tentazione di dire a Darwin, la loro guida, che voleva tornare indietro, da Raven, da Hank, da Hogan, ma poteva quasi sentire sua sorella urlargli conto di non azzardarsi a sprecare la sua unica possibilità di andare alla Cupola.

Raven aveva ragione; nonostante sentisse già un'acuta nostalgia per i suoi amici e per la sua famiglia, non poteva tornare indietro. Tutti all'Alveare lavoravano ogni giorno nella speranza di vincere una chance di partire per la Cupola, e ora che Charles ce l'aveva fatta non avrebbe lasciato che niente gli facesse cambiare idea.

Ma nonostante avesse trascorso giorni preparandosi fisicamente e psicologicamente per la faticosa traversata attraverso i territori contaminati dalle piogge acide, Charles non avrebbe mai pensato che il mondo esterno fosse così. Sembrava di essere approdati su un nuovo pianeta, semplicemente prendendo un ascensore: un nuovo mondo, fatto di terra umida ma morta.

La prima boccata d'aria che Charles aveva inalato era così diversa da quella stantia che si respirava all'interno dell'Alveare, fresca, vitale, ma anche dal forte odore chimico e metallico, nonostante fosse filtrata al sessanta percento dai respiratori.
Alla partenza il cielo era terso, rossastro per via delle polveri tossiche. Charles sapeva dalle indicazioni che erano state date ai viaggiatori che era il tempo migliore per tentare una Traversata; le condizioni meteorologiche venivano accuratamente monitorate perché incontrassero il minor numero di acquazzoni sul loro cammino, e potessero percorrere il tragitto da un Ristoro all'altro senza dover ricorrere a equipaggiamento supplementare, se non in casi di estrema emergenza.

Tuttavia, in quella stagione era facile che scoppiasse un acquazzone da un momento all'altro; e infatti quella era la loro terza pausa quel giorno. Quel Ristoro era la penultima delle loro tappe prima dell'arrivo alla Cupola; sarebbero riusciti a giungere a destinazione entro il primo pomeriggio del terzo giorno, se non si fosse messo a piovere. Era ormai tardo pomeriggio quando il cielo si era scurito fino a diventare viola cupo.

Seduto contro l'ampia vetrata che dava sul paesaggio brullo e spoglio, Charles pensava a come sarebbe stato guardarlo dall'interno della cupola, invece che dal vetro verdastro che proteggeva Alveari e Ristori dalla corrosione. Aveva sentito dire che all'interno della Cupola era stato addirittura installato un sistema di specchi e schermi che replicava l'aspetto del cielo di secoli prima, quando l'inquinamento non aveva reso invivibile gran parte del pianeta. Sarebbe stato così affascinante finalmente vedere in persona quei cieli di cui aveva letto in moltissimi libri nella Biblioteca.

Si sarebbe alzato presto al mattino, per vedere il sole sorgere, per memorizzare i vividi colori del cielo nella mente prima di affrontare la giornata; avrebbe scelto un lavoro che potesse farlo stare a contatto di quel cielo tutto il giorno, in modo da non perdersi una sola sfumatura; e verso sera, poco prima che il sole tramontasse, quando il cielo cominciava a scurirsi a est e diventare sempre più luminoso ad ovest, sarebbe salito nel punto più alto della città e avrebbe guardato le luci della Cupola accendersi sotto di sé, solo nell'oscurità.

L'assenza di Raven lo punse dolorosamente, la nostalgia quasi insopportabile. Osservò le gocce di pioggia scivolare sul vetro antiacido, pensando alla sua sorellina che si lamentava rumorosamente mentre indossava la divisa da lavoro prima di dirigersi nelle periferie dell'Alveare a svolgere “qualche lavoro ingrato”, come li chiamava lei. Se fosse stata con lui in viaggio verso la Cupola, Charles l'avrebbe convinta a intraprendere una carriera come modella; adorava mettersi in mostra, ed era così incredibilmente bella che Charles si era sempre stupito del fatto che la Regina l'avesse assegnata al reparto di Lavori Manuali. Del resto “Regina” era solo un nickname per RGN543, il megaprocessore che fungeva da centro di controllo dell'Alveare, e cosa ne sapeva un super computer della vera bellezza?

Era probabilmente dovuto al fatto che il computer partiva dall'aspetto base di una persona per deciderne il valore, e nonostante Raven avesse la capacità di modificare il proprio aspetto a piacere, la figura di una ragazza blu con i capelli rossi non era sembrata appetibile al megaprocessore.

Charles ricordava il breve periodo in cui erano riusciti a nascondere il fatto di essere mutanti come un periodo felice; Raven era stata assegnata al Gymnasium, dove teneva d'occhio una classe di bambini irrequieti, mentre Charles era stato assegnato alla Biblioteca. Aveva adorato stare in mezzo a quei reperti antichi, catalogandoli e sfogliandoli con amore e reverenza per quasi dieci ore al giorno, ma Raven aveva odiato i marmocchi urlanti con tutta sé stessa; era stato quando era andata a richiedere un cambio di occupazione che i test supplementari avevano rivelato la presenza del gene X. Anche Charles era stato ri-testato, e riassegnato all'Epidauro, dove grazie alla sua telepatia aiutava altre Api a combattere contro l'insonnia, un disturbo estremamente frequente all'interno dell'Alveare.

Nella Quarantatreesima Carovana, gli unici mutanti erano lui e Darwin; gli altri novantotto fortunati erano semplici umani. Non ne era particolarmente preoccupato; era normale che i mutanti fossero in percentuali molto minori rispetto agli umani, e la Cupola del loro settore era famosa per ospitare una comunità mutante molto numerosa.

La pioggia cessò, e la marcia venne ripristinata. Tutti erano stanchi e affaticati, ma Charles sentiva anche attraverso la Sordina il leggero sentimento di felicità ed entusiasmo che emanavano le persone intorno a lui, come una nebbia sottile. Erano esausti, ma erano anche impazienti di iniziare una nuova vita, di essere finalmente felici. Di avere una vita vera, di ricominciare da capo. Charles sorrise, contagiato.

Marciarono un'ora, uniti e compatti come cellule di un unico organismo, finchè qualcuno nelle prime file non lanciò un grido - "E' davvero una cupola!" - e allora la marcia divenne quasi una corsa, il loro cuore collettivo che saltava in gola per l'eccitazione.