Previous | Next
[identity profile] misako93.livejournal.com
[community profile] somewhatclear
[identity profile] misako93.livejournal.com
[community profile] somewhatclear

Linger On

[identity profile] misako93.livejournal.com
[community profile] somewhatclear
Title: Linger On
Fandom: Shingeki no Kyojin
Pairing: Erwin Smith/Levi
Rating: Safe
Warning: pare mentali
Wordcount: 1837
Summary: Era stato troppo codardo per chiedere ad Erwin che cosa ci fosse tra loro due, e arrivati a quel punto Levi temeva che avrebbe perso la testa se avesse completamente negato la presenza di un sentimento qualunque. Aveva continuato a non chiedere, aveva continuato a non saper dire di no, e adesso era sulla terrazza del palazzo di qualche riccastro a rodersi il fegato perchè Erwin stava ballando con qualcuno che non era lui.
Note: Fill per il COWT4, missione d'attacco a Eleos

Non era la prima volta che Levi veniva trascinato ad un evento del genere. Erano una rottura di palle infinita, e ogni tanto si chiedeva perchè si lasciava ancora convincere a partecipare; ma del resto non era mai riuscito a rifiutare qualcosa ad Erwin, ordine o richiesta che fosse.

Non era così male, alla fine; tutto quello che doveva fare era sopportare per qualche ora la crema dell'alta società, con i loro modi di fare snob e la loro scarsa capacità di reggere l'alcol. Il trucco era avere sempre un bicchiere pieno in mano, e stare vicino al tavolo del buffet. Così riusciva rimanere sufficientemente sobrio da poter rispondere (a monosillabi) a qualunque stupida domanda gli venisse posta, e a diventare abbastanza ubriaco da trovare l'intera situazione quasi divertente. Lo era in un certo senso; alcune signore avevano talmente tanti strati di cerone che sembrava dovessero salire su un palcoscenico da un momento all'altro, e intrattenevano i loro interlocutori con lunghe, stridule, false risate come attrici consumate.

Questa volta però era diverso. Non aveva mai partecipato ad un ballo. Non aveva mai dovuto sorridere e intrattenere gli altri ospiti, non aveva mai dovuto considerare di dover invitare a ballare la figlia di qualche nobile, il cui favore avrebbe potuto garantire nuovi fondi per la Legione Esplorativa.

"Non sei costretto a venrie con me", gli aveva detto Erwin, calmo, con una sincerità incrollabile che nei suoi occhi azzurri diventava incerta come il ghiaccio sottile. Levi non poteva dire di no ad Erwin, perchè Levi non riusciva mai a dire di no quando si trattava di Erwin - ogni tanto si chiedeva quando era diventato così cieco e così insensibile al proprio spirito di autoconservazione - e aveva accettato senza nemmeno esitare un istante.

Aveva confessato ad Erwin che non sapeva ballare, e il suo comandante aveva sorriso, lo aveva guidato nei passi base, aveva lodato il suo senso del ritmo senza sapere che Levi aveva imparato a seguire un battito quando aveva imparato ad affondare una coppia di lame gemelle nel collo di creature mostruose che erano dieci, venti, trenta volte più grosse di lui, mentre i nobili di Wall Shina usavano la stessa abilità per consumare i levigati parquet delle piste da ballo.

Era una festa in maschera; era una semplice scusa per le nobili signore e signorine della sala per sfoggiare abiti provocanti e lussuosi senza sembrare fuori luogo, accompagnati da sottili maschere talmente coperte di perline, gemme e piume che Levi si chiese come facevano a tenersele sul viso. Le maschere che Erwin aveva procurato loro erano semplici forme di tessuto inamidato ricoperte di raso, bianca per il comandante e nera per Levi ("Come le ali della libertà," aveva commentato Erwin con un sorriso). Si era quasi rifiutato di indossare la sua, dal momento che erano completamente inutili per garantire loro anche solo una parvenza di anonimato, visto che erano perfettamente identificabili dalle uniformi e dalla loro corporatura, ma poi Erwin aveva insistito, e Levi aveva finito per accontentarlo.

A parte l'obbligo di costringersi a ballare con una ragazza ogni tanto, non era particolarmente diversa dalle altre serate a cui aveva partecipato; era ugualmente noiosa, il vino scorreva ugualmente a fiumi, e Levi si sentiva ugualmente come un pesce fuor d'acqua.

Era forse intorno mezzanotte quando riuscì a congedarsi dalla sua ultima compagna di danze, una figlia di chissà-chi avvolta in un vestito verde pallido dall'aspetto complicato, una maschera a forma di muso di volpe, la fastidiosa tendenza di pestargli i piedi e almeno quindici centimetri più alta di lui. Riuscì a scivolare via prima che qualcun'altra insistesse per un giro di valzer con lui, e si rifiugiò sul balcone per prendere un po' d'aria. Per fortuna non c'era nessun altro lì fuori, così Levi potè tirare il fiato con calma.

Era ridicolo come riuscisse ad affrontare spedizioni al di fuori delle mura che duravano giorni interi, con il pericolo dei titani a tenerlo sempre sulle spine, senza quasi sentire la stanchezza, ma si sentisse esausto dopo qualche ora passata a chiacchierare con qualche maiale pieno di soldi e a ballare con le sue figlie.

Gli venne in mente Erwin, completamente a suo agio nella folla e con un sorriso cortese per ognuno dei presenti, che fossero o non fossero suoi conoscenti o sostenitori. Non aveva rifiutato un ballo a nessuna delle donne che glielo avevano chiesto, e si era preso il tempo di salutare ciascuno degli invitati, completamente riconoscibile ed elegante nella sua maschera bianca, un velo di umorismo in ogni cosa che diceva. Era perfettamente nel suo elemento, mentre prendeva per mano la lady di turno per accompagnarla al centro della pista e le posava una mano sulla vita per stringersela vicino nella giusta posizione.

Non che Levi avesse guardato Erwin ballare con una ragazza dopo l'altra, e con ciascuna delle loro madri subito dopo. Non che Levi si fosse immaginato al posto di quelle ragazze straripanti di satin e raso. Non che Levi ricordasse le mani di Erwin che lo piegavano e sistemavano al posto giusto mentre gli insegnava come si ballava il valzer, il sorriso riservato ai suoi progressi e il modo in cui si arrotolava le maniche della camicia di tanto in tanto in un gesto abituale.

Si era chiesto cosa sarebbe successo se avesse chiesto ad Erwin di ballare con lui davanti a tutta la sala. Avrebbe accettato? Probabilmente lo avrebbe lasciato portare, per testare i suoi stessi insegnamenti, perchè Erwin era quel tipo di persona, che lo metteva sempre alla prova anche quando non aveva davvero intenzione di valutarlo, ma ancora più probabilmente non avrebbe accettato. Solo perchè ogni tanto Levi sporcava i pantaloni dell'uniforme inginocchiandosi per lui sotto la sua scrivania non voleva dire che Erwin gli dovesse qualcosa.

Era solo colpa sua, del resto. Quando Erwin lo aveva baciato nel suo ufficio quella volta (sembrava così lontano, sembrava che fosse successo mille anni prima) e gli aveva chiesto se poteva, con una mano che si infilava sotto la camicia e sotto le cinghie dell'equipaggiamento, Levi non gli aveva detto di no.

Non era riuscito a dirgli di no, perchè non aveva voluto dirgli di no: sembrava l'occasione di una vita, portarsi a letto il perfetto comandante della Legione Esplorativa, di quelle da ricordare con una tacca sulla cintura e di cui conservare riferimenti per i momenti di solitudine. Ma poi Erwin lo aveva baciato ancora, e ancora, e lo aveva spinto contro un muro, e lo aveva invitato nel suo studio, e nella sua stanza, e qualche volta era venuto lui nella camera di Levi, o nella biblioteca, o appena dietro una macchia di vegetazione mentre si prendevano una pausa da una cavalcata durante una missione, e Levi aveva cominciato a sospettare che se avesse davvero tenuto delle tacche su una cintura avrebbe avuto bisogno di una cintura nuova- se non avesse cominciato ad avere una strana sensazione alla bocca dello stomaco ogni volta che Erwin gli sorrideva.

Era stato troppo codardo per chiedere ad Erwin che cosa ci fosse tra loro due, e arrivati a quel punto Levi temeva che avrebbe perso la testa se avesse completamente negato la presenza di un sentimento qualunque. Aveva continuato a non chiedere, aveva continuato a non saper dire di no, e adesso era sulla terrazza del palazzo di qualche riccastro a rodersi il fegato perchè Erwin stava ballando con qualcuno che non era lui.

Aveva appena deciso di aver rimuginato abbastanza e che fosse giunto il momento di rientrare quando girandosi andò quasi a sbattere contro Erwin, che era venuto a controllare che stesse bene, dal momento che era passato un bel po' di tempo da quando lo aveva visto uscire sul balcone.

"Che fai, mi tieni d'occhio?" chiese sollevando un sopracciglio, anche se con la maschera Erwin non poteva vederlo.
"Devo proteggere i miei investimenti, giusto?" replicò Erwin con un sorriso.

Era chiaramente una battuta - Erwin scherzava spesso sul fatto che il suo migliore soldato aveva un passato da ratto di strada, e che se non fosse stato per lui sarebbe rimasto tale - ma fece scattare qualcosa in Levi, qualcosa che doveva essersi riflesso nella sua espressione, perchè il sorriso di Erwin si tramutò immediatamente in un'espressione seria e preoccupata.

"E' per questo che sono qui, non è vero?" sbottò Levi a bassa voce, prima che Erwin riuscisse a spiccicare parola. "Stai esibendo il tuo investimento. Sono solo una parte della tua politica, una pedina nelle tue mani?"

Erwin non rispose. Levi alzò lo sguardo e vide che lo stava osservando, aspettando di capire dove stesse andando a parare prima di dargli una risposta. Cercando di avere tutti i dati, prima di formulare un'ipotesi. Era qualcosa che apprezzava di Erwin; non saltava alle conclusioni. Aspettava di avere ogni capo nelle sue mani, prima di tirare i fili. Era molto difficile che gli sfuggisse qualcosa. In questo era praticamente diametralmente opposto a Levi.

Ma Levi come Erwin non scopriva mai tutte le sue carte, ed Erwin doveva per forza tirare ad indovinare, quando Levi aveva deciso che la sua mano era finita.

Un'altra differenza tra di loro era che Erwin però non aveva timore di chiedere.
"Levi," mormorò il comandante, togliendosi la maschera. "In passato ti ho messo in situazioni in cui forse non avevi scelta che accettare le mie proposte, ma non ti ho mai considerato solo un investimento. Sei un mio sottoposto, naturalmente, ma sei anche un prezioso alleato ed un amico."

Levi rimase in silenzio. Erwin allungò una mano e gli tolse la maschera.

"Ma non stiamo parlando davvero di questo, giusto?" continuò gentilmente, quando vide Levi distogliere lo sguardo. "Di cosa stiamo parlando, Levi?"

Era sempre stato molto più bravo con i fatti che con le parole, quindi Levi invece di rispondere lo prese per il bavero della giacca e lo tirò in un bacio. Pensava che Erwin lo avesse respinto, per paura che qualcuno all'interno della sala da ballo li vedesse, ma con suo grande stupore approfondì invece il bacio, affondandogli le dita nei capelli, accarezzandolo affettuosamente dove li aveva rasati di fresco.

"Baceresti un amico così?" chiese Levi, quando si separarono.
"Oh, Levi," mormorò Erwin. "Perchè credi che insista sempre che tu venga con me a questi eventi? So che non ti piace, so che ti annoi e che essere costretto a chiacchierare del più e del meno ti innervosisce orribilmente. A questa gente neanche importa chi mi porto dietro, potrei venire da solo per tutto quello che interessa loro. Insisto che tu venga perchè voglio averti al mio fianco, Levi. Non ti sto usando. Mi dispiace di averti dato quest'impressione per tutto questo tempo. Pensavo che fosse ovvio..."

"Tu, Erwin Smith, ovvio?" sbuffò Levi, dandogli un pugno leggero nel petto. Erwin sorrise, a mo' di scusa, e si chinò di nuovo per baciarlo.
"Potrai mai perdonarmi?"

Levi lo colpì di nuovo sul petto e lo spinse via, dirigendosi a passo di marcia verso la sala da ballo, da cui si sentivano perfettamente musica e risate.
"Levi?" chiamò Erwin dietro di lui.

Levi sorrise. "Concedimi questo ballo, e vedrò che fare."