May. 26th, 2013
Titolo: A door to walk through
Fandom: Homestuck
Pairing: Onesided Dirk>Jake
Rating: safe
Warning: zombie!Au, shenanigans ovunque, gore (I guess?), cliffhanger
Wordcount: 3148
Riassunto: Correvano da ore lungo la stessa via, o almeno l'impressione era quella. Il puzzo soffocante della morte e della decomposizione rendeva respirare molto più difficile di quanto già non fosse, ogni muscolo doleva per lo sforzo prolungato, il suo braccio destro urlava di dolore per il peso della katana.
Dirk avrebbe dato qualunque cosa per fermarsi anche solo cinque minuti a riprendere fiato, ma non potevano permetterselo. Il silenzio irreale intorno a loro era interrotto solo dall'eco delle loro scarpe che battevano sul lastricato, ma solo perchè non c'era rumore non voleva dire che non ci fosse niente pronto ad attaccarli.
Note: Ogni discrepanza/differenza con il canon/varie ed eventuali si può spiegare con una sola parola: shenanigans. Also, questa fic è stata un parto e sono felice di averla finitanon li shippo neanche what the hell, chi me l'ha fatto fare di scriverla. Doveva partecipare a #thexfandom ma era troppo bella per vivere (?) e ho pubblicato Situazione di stallo al suo posto, principalmente perchè è risultata leggeremente troppo lunga.
Correvano da ore lungo la stessa via, o almeno l'impressione era quella. Il puzzo soffocante della morte e della decomposizione rendeva respirare molto più difficile di quanto già non fosse, ogni muscolo doleva per lo sforzo prolungato, il suo braccio destro urlava di dolore per il peso della katana.
Dirk avrebbe dato qualunque cosa per fermarsi anche solo cinque minuti a riprendere fiato, ma non potevano permetterselo. Il silenzio irreale intorno a loro era interrotto solo dall'eco delle loro scarpe che battevano sul lastricato, ma solo perchè non c'era rumore non voleva dire che non ci fosse niente pronto ad attaccarli.
A giudicare dal modo in cui ansimava come un mantice, anche Jake doveva essere al limite delle sue forze. Aveva preso la notizia del glitch con molta più filosofia del previsto - molta più di Jane, che era impallidita ed era esplosa in una parolaccia così grossa che quasi Roxy era tornata sobria per la sorpresa - e all'inizio era stato quello che era riuscito a collezionare più metaforiche tacche sulla cintura, quasi entusiasta davanti a quella situazione da incubo.
Con il tempo anche lui aveva cominciato a stancarsi. Forse non credeva che sarebbe stato tanto difficile sbarazzarsi di loro, vista la piccola taglia. Non credeva che ce ne sarebbero stati così tanti.
Di tutto le cose che si potevano aspettare dal gioco, un'orda di zombie non era fra quelle. Un glitch era sembrava la spiegazione più plausibile: perchè altrimenti, invece di un piccolo esercito di piccoli e quieti carapaci, si sarebbero ritrovati una massa di esseri deformi in diversi stadi di putrefazione? Avevano ancora vagamente l'aspetto dei piccoli omini coperti di esoscheletro, che Dirk ricordava dalle sue esplorazioni della luna di Derse e vicino a cui Roxy era abituata ad abitare, ma le loro corazze erano corrose e deformate, lasciando intravedere all'interno la carne molla e decomposta, gli pseudotendini fibrosi che schioccavano debolmente ad ogni passo incespicante.
Avevano incontrato alcuni piccoli gruppi di Dersiti sani, in un edificio vicino alla luna: erano spaventati a morte e avevano fatto capire che, qualunque cosa causasse quello scempio, era contagiosa. Nessuno sapeva bene come era successo: avevano incolpato il cibo, avevano incolpato l'acqua, avevano incolpato Skaia e il dio rana, che si era vendicato su di loro perchè il Dignitario Draconiano aveva scatenato il Milite Scarlatto nell'universo.
Un glitch, aveva detto Roxy. Era la spiegazione più plausibile. Allora perchè Dirk sentiva il morso della colpa nelle viscere?
Nessuno dei suoi compagni glielo aveva rinfacciato, anche se era colpa sua se il Dignitario Draconiano aveva utilizzato il Milite. Se non avesse decapitato l'Egemone Bruto, forse niente di tutto ciò sarebbe successo.
C'era un vicolo sulla sinistra; senza riflettere troppo, Dirk ci si infilò dentro di corsa, afferrando Jake per la camicia e tirandoselo dietro.
Si appiattirono contro la parete e attesero. Il gruppo di zombie che era loro alle calcagna passò lentamente di fianco al vicolo senza notarli; solo quando furono parecchi metri più avanti Dirk si sentì abbastanza sicuro da rilasciare il respiro che non si era accorto di aver trattenuto.
Momentaneamente fuori pericolo, si prese un paio di minuti per ispezionare la stradina in cui si erano ficcati: era piuttosto stretta e buia e continuava parecchi metri prima di sbucare nella via parallela. Almeno non era un vicolo cieco. Cominciò ad avviarsi verso l'uscita, con un orecchio teso a sentire se Jake lo stesse seguendo. Dopo una breve silenzio, il suono dei suoi stivali.
"Strider! Non lasciarmi indietro!"
Non lo avrebbe lasciato indietro. Non avrebbe mai potuto lasciarlo indietro. Non aveva bisogno di vederlo per sapere che Jake sarebbe sempre stato al suo fianco. Sapeva che gli avrebbe sempre coperto le spalle. Jake lo completava, Jake arrivava dove lui non arrivava. Sperava di poter fare lo stesso per lui. Per questo si era ficcato in un vicolo sconosciuto, giocando a scacchi con la sorte.
"Cosa cavolo ti è preso, Strider? Ti è dato di volta il cervello?" disse Jake dietro di lui, ansando leggermente per la lunga corsa, una nota irritata nella voce. Dirk sapeva dal feed di Dirkbot che la resistenza non era mai stata il suo forte, e anche se agiva spesso di impulso non si ficcava mai in una situazione pericolosa di proposito. Jake stesso avrebbe detto che di solito sono i guai che trovano lui.
"Come facevi a sapere che non c'erano zombie in questo vicolo?"
"Non lo sapevo."
"Lo so che non lo sapevi!" Jake adesso era molto più vicino. Erano circa a metà vicolo. "Cosa diavolo avremmo fatto se ci fossimo ficcati in una tana di di carapaci infetti?"
"Saremmo morti, immagino."
"DIRK, porca miseria!"
Sentì Jake afferrarlo per la maglietta e spingerlo contro la parete. Lo sguardo nei suoi occhi era indecifrabile: sembrava spaventato e preoccupato, ma la piega della sua bocca tradiva la sua irritazione per il suo comportamento irresponsabile.
Era così vicino. Dirk si era abituato ad averlo sempre vicino, perchè erano giorni ormai che combattevano fianco a fianco, gomito a gomito, ma mai così tanto. A questa distanza poteva guardare le piccole variazioni di colore nei suoi occhi, il modo in cui il ponte degli occhiali si muoveva quando aggrottava la fronte. Quando c'era uno schermo e qualche secolo a separarli l'aveva immaginato tante volte in quella posizione, in una situazione molto diversa. Chiuse gli occhi, sapendo che le lenti scure l'avrebbero nascosto, cercando di recuperare la concentrazione sulla loro corrente missione.
"Mi dispiace," mormorò.
Anche ora che si erano fermati, Dirk sentiva il sangue pulsare nelle tempie e il sudore appiccicargli la maglietta alla schiena.
Sapeva che era stata una mossa azzardata, ma se avessero continuato a correre prima o poi si sarebbero stancati e i carapaci li avrebbero
raggiunti, prima o poi.
La stretta sulle sue spalle si ammorbidì leggermente. Dirk riaprì gli occhi e si irrigidì.
Jake lo guardava esasperato. Dietro di lui, nella semioscurità, un carapace con la placca del torso terribilmente smangiata, scendeva lentamente dalla parete, calandosi da una finestra. Da quando quegli affari erano così silenziosi? Erano sempre stati incredibilmente rumorosi, con un'intera sinfonia di schiocchi, scricchiolii e rantoli ad accompagnare ogni loro spostamento. Voleva dire che quegli edifici brulicavano di zombie silenziosi?
"Strider, ascoltami, non sono arrabbiato. Solo-"
"Jake, non muoverti," ordinò Dirk. Aveva ancora la katana in mano. Con un flash-step era schizzato in avanti aggirando Jake e tagliando a metà la creatura in decomposizione, che cadde dal muro con un tonfo umido e disgustoso, spargendo liquame gelatinoso e maleodorante.
"Dobbiamo uscire in fretta di qui. Avevi ragione," borbottò, spingendo un Jake confuso e inorridito in direzione dell'uscita.
Non lo aveva sentito perchè non stava facendo rumore. Dovevano stare molto più attenti; non sapevano se c'e n'erano altri in giro.
Jake doveva aver avuto il tuo stesso pensiero, perchè mentre scivolava lungo la parete aveva estratto dal Sylladex nuove munizioni per le sue pistole; non potevate fare affidamento solo sulla vostra velocità, eravate troppo stanchi.
Era arrivato il momento di sporcarsi le mani sul serio.
Percorsero gli ultimi metri che li separavano dalla piena luce della strada lentamente ed in silenzio, misurando ogni passo ed ogni respiro.
Jake continuava a girarsi verso di lui, come per assicurarsi che fosse ancora lì. Gli sfuggì un sorriso; Jake lo ricambiò nervosamente, poi si girò e continuò ad avanzare lungo il muro.
"Stai bene?" gli chiese, girandosi per l'ennesima volta.
Quando Dirk gli diede un cenno d'assenso, stavolta non stava sorridendo.
Osservò Jake riprendere il cammino verso la strada illuminata, la pistola stretta in pugno, la postura rigida.
Non era strano vederlo così nervoso dopo un attacco così ravvicinato. All'inizio era stato fin troppo entusiasta all'idea di andare ad ammazzare zombie, ma presto la carica di adrenalina si era esaurita e aveva cominciato ad avere paura come tutti loro: paura di perdere i propri amici, paura di non riuscire a correre abbastanza in fretta, paura di finire le munizioni nel momento sbagliato; ma Jake si muoveva come se fosse solo contro il mondo. Come se non potesse fidarsi di chi gli guardava le spalle. Come se non potesse fidarsi di lui.
Avrebbe voluto chiedergli qual era il problema, avrebbe voluto chiedergli se c'era qualcosa che non andava, ma le parole gli si bloccavano in gola, e Dirk preferì rimanere in silenzio, un peso indefinibile nello stomaco.
Appena prima dell'imboccatura del vicolo, Jake si appiattì contro l'angolo, sbirciando a destra e a sinistra, e imprecò.
"Siamo nella merda Strider," borbottò Jake, tirandosi indietro perchè anche Dirk vedesse.
Il vicolo apparentemente sbucava su una delle strade principali di Derse, larga e spaziosa. La riconobbe come una delle strade che portava alla piazza principale; i danni causati dal Milite erano ben visibili sugli edifici, e la via stessa era ingombra di macerie e detriti qua e là. Direttamente davanti a loro
Sulla destra, diretto alla piazza per qualche motivo, c'era un piccolo gruppo di zombie, non più di una dozzina, grossi e lenti, piuttosto vicini. Sembravano malmessi, come se avessero incontrato qualcosa che li avesse fatti a pezzi, anche se non abbastanza da fermare la loro avanzata. Dirk calcolò che sarebbero riusciti a superarli facilmente anche senza affrontarli, ma anche se avessero dovuto difendersi, non sarebbe stato un problema: avevano avuto a che fare con roba più grossa.
Sulla sinistra la strada era relativamente sgombra, ma in lontananza un'ombra scura si avvicinava rapidamente. Anche da quella distanza non era difficile capire che si trattava di carapaci. Tantissimi carapaci, veloci e silenziosi come il loro sgradito ospite di poco prima, talmente veloci che Dirk aveva calcolato sarebbero stati loro addosso in qualche minuto. Doveva pensare in fretta.
"Cosa facciamo?" chiese Jake dietro di lui, il rumore metallico della pistola che veniva scaricata e ricaricata in un gesto nervoso.
"Potremmo correre e nasconderci di nuovo, il vicolo qui di fronte sembra abbastanza sicuro. Oppure avviarci lungo la strada. Dovevamo vederci nella piazza principale di Derse, giusto?"
"Sì. Janey mi ha detto che Roxy aveva nascosto una finestra dimensionale lì da qualche parte l'ultima volta che i Dersiti ci hanno ospitato," mormorò. "Secondo te sono stati infettati anche loro?"
"Non ne ho idea." Non voleva pensarci. Non voleva dire ad alta voce che probabilmente la massa di zombie che fluiva nella loro direzione erano proprio quei carapaci gentili.
"Comunque, qualunque cosa decidiamo di fare," Dirk indicò con un pollice il gruppo di zombie di sinistra, che si stava avvicinando sempre di più. "Non credo che riusciremmo ad evitare questi qui. Ho come l'impressione che siano un po' meno ricoglioniti di altri carapaci che abbiamo incontrato. Se quelli grossi ci vedessero correre nel vicolo dubito si ricorderebbero abbastanza a lungo di noi per inseguirci, ma queste piccole canaglie? Ci starebbero addosso."
"Se andiamo a destra li abbiamo alle calcagna, se andiamo a sinistra ce li troviamo davanti e se andiamo dritti nel vicolo ci fanno fare la fine del topo," borbottò Jake, contando le opzioni sulle dita di una mano.
"Esattamente."
"Detto in parole povere, ripeto la mia posizione: siamo nella merda, Strider," concluse risistemandosi gli occhiali sul naso, una piega di fastidio nella bocca. "Facciamone fuori il più possibile e basta," borbottò tra i denti prima di lanciarsi allo scoperto.
Dirk ridacchiò senza allegria e lo seguì.
A confronto con la semioscurità della stradina in cui si trovavano prima, la luce della strada principale era accecante. Dirk non era mai stato così contento di indossare un paio di occhiali scuri. Jake si era appiattito sul muro a destra, probabilmente per prendere tempo mentre i suoi occhi si abituavano alla differenza di illuminazione; mossa intelligente o avrebbe finito per crivellare lui di colpi, e Dirk ne aveva avuto abbastanza di morire, per questa sessione.
Si piantò in mezzo alla strada, stringendo la presa sull'impugnatura della katana e respirando profondamente. A meno di cinquanta metri davanti a lui marciava in fila compatta l'esercito di carapaci, dagli esoscheletri di chitina lucidi come inchiostro. Non sarebbe mai riuscito ad eliminarli da solo; a giudicare dai colpi che venivano da dietro di lui, Jake aveva cominciato a smantellare l'altro gruppo di zombie. Sperava si spicciasse. Avrebbe ucciso prima di ammetterlo ad alta voce, ma c'era qualcosa in quella marea di insettoidi in decomposizione che gli faceva tremare le mani, che lo inchiodava sul posto, che gli impediva di deglutire e di respirare normalmente.
Non c'erano Squarewave e Sawtooth a coprirgli le spalle, se avesse fatto un passo falso. Sarebbe stato da solo. Jake probabilmente non lo avrebbe lasciato morire, ma sarebbe stato in difficoltà anche lui. Erano così numerosi, così rapidi. Dirk era veloce, ma non aveva mai avuto un avversario che fosse davvero alla sua altezza, in quanto a rapidità. Jake gli avrebbe coperto le spalle, ma erano stanchi, non avevano un piano. Era abituato a fare errori, era una delle cose che faceva più spesso, con la robotica era sempre una questione di prova e riprova, sbaglia e correggi, ma in una situazione come questa? Dirk questa volta non aveva nessun margine di errore.
Sentì Jake avvicinarsi da dietro, il rumoroso click del caricatore come unico suono nell'aria, a parte lo scricchiolio dei carapaci, ormai poco distanti, e il pulsare sordo del suo stesso sangue nelle orecchie. Aspettò che fosse praticamente di fianco a lui, poi si lanciò in avanti.
Iniziò a fendere le prime file di carapaci come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Sapeva che per farcela in quel momento, ogni gesto doveva essere automatico, come memorizzato nei suoi muscoli. In quel momento non era altro che tendine, leva, chimica, stomaco. Non aveva tempo di calcolare niente, di pianificare le sue mosse. Non era un gioco di scacchi, dove il suo cervello avrebbe dovuto prendere in considerazione tutte le variabili per chiudere la partita in poche mosse. Era un lavoro da macellai, una carneficina, una battuta di caccia in cui non c'era alcuna differenza tra cacciatore e preda. Non era il suo habitat. Non era il suo ambiente. Era una questione di vita o di morte.
Sapeva che Jake stava registrando un buon numero di vittime solo perchè lo aveva intravisto un paio di volte ai margini del suo campo visivo, circondato di brandelli di cheratina resa spugnosa dalla carne di carapace fermentata e decomposta, e perchè sentiva i colpi delle sue pistole, ma in realtà era solo una considerazione di sfondo, su cui non poteva davvero concentrarsi.
Ad un certo punto, in piedi in mezzo alla via erano rimasti solo loro.
Gli ci volle un po' per accorgersi che nessuno lo stava più attaccando: era rimasto così tanto tempo in posizione di attacco che il suo corpo pareva essersi congelato, teso e pronto a scattare come una molla al minimo stimolo. Quando finalmente realizzò di essere fuori pericolo e cercò di tornare in posizione di riposo, fu come se qualcuno lo avesse colpito con una gigantesca mazza: tutto il dolore e la fatica che non aveva sentito mentre combatteva gli si scaricarono addosso tutti insieme. Crollò in ginocchio a terra, esausto. Il sudore che gli inzuppava la canotta cominciava ad asciugarglisi addosso, sentiva un freddo terribile.
Non si sentiva così a pezzi, così vulnerabile, dalla prima volta che aveva affrontato un drone. Era stato Sawtooth a respingerlo, alla fine, perchè Dirk si era stancato così in fretta da non riuscire più a sollevare la katana.
Si sentiva tremare incontrollabilmente, il cuore gli martellava nel petto talmente forte che ne sentiva il pulsare sordo nei timpani. Respirava a fatica, e ad ogni boccata affannosa l'odore rivoltante del liquame in decomposizione che una volta riempiva i carapaci lo soffocava sempre di più. Non potè fare niente per impedire al suo stomaco di contrarsi, di rovesciare il suo contenuto sul lastricato violaceo.
Sentì Jake avvicinarsi alla sua destra; avrebbe voluto alzarsi, mostrargli che stava bene, ma sapeva che se avesse cercato di tirarsi in piedi sarebbe caduto di nuovo. Tossì un paio di volte, cercando di togliersi dalla gola la sensazione di aver appena bevuto acido.
"Se ce ne fossero stati di più non ce l'avrei proprio fatta," commentò con una mezza risata in direzione di Jake, facendo una smorfia all suono della propria voce, rauca e secca.
Jake non rispose. Quando Dirk alzò la testa per guardarlo, lo vide in piedi che lo fissava con un'espressione strana sul volto. Non sapeva mai se era disgusto o preoccupazione, con il modo in cui gli si corrugava la fronte, con quella piega sulle sopracciglia, quella mascella rigida.
Si toccò il viso in un gesto meccanico, controllando automaticamente che gli occhiali fossero al loro posto, e se ne pentì quando si rese conto che aveva le mani coperte di slime puzzolente. Di certo far fuori zombie con una katana non era un lavoro pulito: ne era praticamente inzuppato dalla testa ai piedi. Questa volta riuscì a trattenere la bile che minacciava di risalirgli su per la gola.
"Non è un bello spettacolo," commentò di nuovo Dirk, schiarendosi la voce prima di parlare. Non era da lui, ma il silenzio di Jake stava cominciando ad andargli sui nervi.
Era un po' più calmo adesso. Non tremava più così tanto, e riusciva a respirare normalmente. Più o meno. Si alzò lentamente, captchalogando la katana per poter fare leva su entrambe le mani, anche se aveva i guanti talmente viscidi che per un attimo rischiò di scivolare dritto nella massa di cadaveri. Decisamente una delle ultime cose che voleva al momento.
Non appena fu in piedi, Jake decaptchalogò una delle sue semiautomatiche e la ricaricò con un gesto rapido.
Non appena Dirk cercò di muovere un passo nella sua direzione, gliela puntò contro, dritto alla testa.
Dirk congelò sul posto. L'espressione di Jake non era cambiata molto da qualche secondo prima; si era solo fatta molto più decisa. Era preoccupato; era spaventato. Era dispiaciuto.
A Dirk ci vollero un paio di tentativi prima che riuscisse a dire qualcosa. Deglutì più volte, cercando di mandare giù il groppo che gli si era formato in gola. Aveva la voce abbastanza rasposa senza che si mettesse anche a gracchiare per la paura. Gli piaceva pensare che avrebbe rovinato la sua immagine. Quello che uscì dalla sua bocca poco dopo suonò comunque come un gracidio.
"Jake?"
"Mi dispiace, vecchio mio," mormorò, aggiustando la presa sulla pistola. Aveva il dito sul grilletto, qualcosa che non avrebbe mai fatto se non fosse stato sicuro al cento per cento che avrebbe dovuto sparare. Aveva perso fin troppo tempo a guardare le sue mani per non sapere un particolare del genere.
"Jake, non so cosa diavolo ti sia saltato in mente, ma stai commettendo un grosso errore," cercò di farlo ragionare Dirk, sollevando lentamente le mani.
"Vorrei non dover essere io a farlo, Dirk," sussurrò Jake, avvicinandosi di un passo, "ma non possiamo correre rischi."
Dirk aveva freddo; un po' per il sudore che gli appiccicava la stoffa alla pelle e che si stava asciugando nella brezza immobile di Derse, un po' per il blocco di ghiaccio che gli era scivolato nello stomaco mentre si rendeva conto di cosa volessero dire quelle parole.
Jake era convinto fosse Dirk era stato contagiato, e non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo.
Fandom: Homestuck
Pairing: Onesided Dirk>Jake
Rating: safe
Warning: zombie!Au, shenanigans ovunque, gore (I guess?), cliffhanger
Wordcount: 3148
Riassunto: Correvano da ore lungo la stessa via, o almeno l'impressione era quella. Il puzzo soffocante della morte e della decomposizione rendeva respirare molto più difficile di quanto già non fosse, ogni muscolo doleva per lo sforzo prolungato, il suo braccio destro urlava di dolore per il peso della katana.
Dirk avrebbe dato qualunque cosa per fermarsi anche solo cinque minuti a riprendere fiato, ma non potevano permetterselo. Il silenzio irreale intorno a loro era interrotto solo dall'eco delle loro scarpe che battevano sul lastricato, ma solo perchè non c'era rumore non voleva dire che non ci fosse niente pronto ad attaccarli.
Note: Ogni discrepanza/differenza con il canon/varie ed eventuali si può spiegare con una sola parola: shenanigans. Also, questa fic è stata un parto e sono felice di averla finita
Correvano da ore lungo la stessa via, o almeno l'impressione era quella. Il puzzo soffocante della morte e della decomposizione rendeva respirare molto più difficile di quanto già non fosse, ogni muscolo doleva per lo sforzo prolungato, il suo braccio destro urlava di dolore per il peso della katana.
Dirk avrebbe dato qualunque cosa per fermarsi anche solo cinque minuti a riprendere fiato, ma non potevano permetterselo. Il silenzio irreale intorno a loro era interrotto solo dall'eco delle loro scarpe che battevano sul lastricato, ma solo perchè non c'era rumore non voleva dire che non ci fosse niente pronto ad attaccarli.
A giudicare dal modo in cui ansimava come un mantice, anche Jake doveva essere al limite delle sue forze. Aveva preso la notizia del glitch con molta più filosofia del previsto - molta più di Jane, che era impallidita ed era esplosa in una parolaccia così grossa che quasi Roxy era tornata sobria per la sorpresa - e all'inizio era stato quello che era riuscito a collezionare più metaforiche tacche sulla cintura, quasi entusiasta davanti a quella situazione da incubo.
Con il tempo anche lui aveva cominciato a stancarsi. Forse non credeva che sarebbe stato tanto difficile sbarazzarsi di loro, vista la piccola taglia. Non credeva che ce ne sarebbero stati così tanti.
Di tutto le cose che si potevano aspettare dal gioco, un'orda di zombie non era fra quelle. Un glitch era sembrava la spiegazione più plausibile: perchè altrimenti, invece di un piccolo esercito di piccoli e quieti carapaci, si sarebbero ritrovati una massa di esseri deformi in diversi stadi di putrefazione? Avevano ancora vagamente l'aspetto dei piccoli omini coperti di esoscheletro, che Dirk ricordava dalle sue esplorazioni della luna di Derse e vicino a cui Roxy era abituata ad abitare, ma le loro corazze erano corrose e deformate, lasciando intravedere all'interno la carne molla e decomposta, gli pseudotendini fibrosi che schioccavano debolmente ad ogni passo incespicante.
Avevano incontrato alcuni piccoli gruppi di Dersiti sani, in un edificio vicino alla luna: erano spaventati a morte e avevano fatto capire che, qualunque cosa causasse quello scempio, era contagiosa. Nessuno sapeva bene come era successo: avevano incolpato il cibo, avevano incolpato l'acqua, avevano incolpato Skaia e il dio rana, che si era vendicato su di loro perchè il Dignitario Draconiano aveva scatenato il Milite Scarlatto nell'universo.
Un glitch, aveva detto Roxy. Era la spiegazione più plausibile. Allora perchè Dirk sentiva il morso della colpa nelle viscere?
Nessuno dei suoi compagni glielo aveva rinfacciato, anche se era colpa sua se il Dignitario Draconiano aveva utilizzato il Milite. Se non avesse decapitato l'Egemone Bruto, forse niente di tutto ciò sarebbe successo.
C'era un vicolo sulla sinistra; senza riflettere troppo, Dirk ci si infilò dentro di corsa, afferrando Jake per la camicia e tirandoselo dietro.
Si appiattirono contro la parete e attesero. Il gruppo di zombie che era loro alle calcagna passò lentamente di fianco al vicolo senza notarli; solo quando furono parecchi metri più avanti Dirk si sentì abbastanza sicuro da rilasciare il respiro che non si era accorto di aver trattenuto.
Momentaneamente fuori pericolo, si prese un paio di minuti per ispezionare la stradina in cui si erano ficcati: era piuttosto stretta e buia e continuava parecchi metri prima di sbucare nella via parallela. Almeno non era un vicolo cieco. Cominciò ad avviarsi verso l'uscita, con un orecchio teso a sentire se Jake lo stesse seguendo. Dopo una breve silenzio, il suono dei suoi stivali.
"Strider! Non lasciarmi indietro!"
Non lo avrebbe lasciato indietro. Non avrebbe mai potuto lasciarlo indietro. Non aveva bisogno di vederlo per sapere che Jake sarebbe sempre stato al suo fianco. Sapeva che gli avrebbe sempre coperto le spalle. Jake lo completava, Jake arrivava dove lui non arrivava. Sperava di poter fare lo stesso per lui. Per questo si era ficcato in un vicolo sconosciuto, giocando a scacchi con la sorte.
"Cosa cavolo ti è preso, Strider? Ti è dato di volta il cervello?" disse Jake dietro di lui, ansando leggermente per la lunga corsa, una nota irritata nella voce. Dirk sapeva dal feed di Dirkbot che la resistenza non era mai stata il suo forte, e anche se agiva spesso di impulso non si ficcava mai in una situazione pericolosa di proposito. Jake stesso avrebbe detto che di solito sono i guai che trovano lui.
"Come facevi a sapere che non c'erano zombie in questo vicolo?"
"Non lo sapevo."
"Lo so che non lo sapevi!" Jake adesso era molto più vicino. Erano circa a metà vicolo. "Cosa diavolo avremmo fatto se ci fossimo ficcati in una tana di di carapaci infetti?"
"Saremmo morti, immagino."
"DIRK, porca miseria!"
Sentì Jake afferrarlo per la maglietta e spingerlo contro la parete. Lo sguardo nei suoi occhi era indecifrabile: sembrava spaventato e preoccupato, ma la piega della sua bocca tradiva la sua irritazione per il suo comportamento irresponsabile.
Era così vicino. Dirk si era abituato ad averlo sempre vicino, perchè erano giorni ormai che combattevano fianco a fianco, gomito a gomito, ma mai così tanto. A questa distanza poteva guardare le piccole variazioni di colore nei suoi occhi, il modo in cui il ponte degli occhiali si muoveva quando aggrottava la fronte. Quando c'era uno schermo e qualche secolo a separarli l'aveva immaginato tante volte in quella posizione, in una situazione molto diversa. Chiuse gli occhi, sapendo che le lenti scure l'avrebbero nascosto, cercando di recuperare la concentrazione sulla loro corrente missione.
"Mi dispiace," mormorò.
Anche ora che si erano fermati, Dirk sentiva il sangue pulsare nelle tempie e il sudore appiccicargli la maglietta alla schiena.
Sapeva che era stata una mossa azzardata, ma se avessero continuato a correre prima o poi si sarebbero stancati e i carapaci li avrebbero
raggiunti, prima o poi.
La stretta sulle sue spalle si ammorbidì leggermente. Dirk riaprì gli occhi e si irrigidì.
Jake lo guardava esasperato. Dietro di lui, nella semioscurità, un carapace con la placca del torso terribilmente smangiata, scendeva lentamente dalla parete, calandosi da una finestra. Da quando quegli affari erano così silenziosi? Erano sempre stati incredibilmente rumorosi, con un'intera sinfonia di schiocchi, scricchiolii e rantoli ad accompagnare ogni loro spostamento. Voleva dire che quegli edifici brulicavano di zombie silenziosi?
"Strider, ascoltami, non sono arrabbiato. Solo-"
"Jake, non muoverti," ordinò Dirk. Aveva ancora la katana in mano. Con un flash-step era schizzato in avanti aggirando Jake e tagliando a metà la creatura in decomposizione, che cadde dal muro con un tonfo umido e disgustoso, spargendo liquame gelatinoso e maleodorante.
"Dobbiamo uscire in fretta di qui. Avevi ragione," borbottò, spingendo un Jake confuso e inorridito in direzione dell'uscita.
Non lo aveva sentito perchè non stava facendo rumore. Dovevano stare molto più attenti; non sapevano se c'e n'erano altri in giro.
Jake doveva aver avuto il tuo stesso pensiero, perchè mentre scivolava lungo la parete aveva estratto dal Sylladex nuove munizioni per le sue pistole; non potevate fare affidamento solo sulla vostra velocità, eravate troppo stanchi.
Era arrivato il momento di sporcarsi le mani sul serio.
Percorsero gli ultimi metri che li separavano dalla piena luce della strada lentamente ed in silenzio, misurando ogni passo ed ogni respiro.
Jake continuava a girarsi verso di lui, come per assicurarsi che fosse ancora lì. Gli sfuggì un sorriso; Jake lo ricambiò nervosamente, poi si girò e continuò ad avanzare lungo il muro.
"Stai bene?" gli chiese, girandosi per l'ennesima volta.
Quando Dirk gli diede un cenno d'assenso, stavolta non stava sorridendo.
Osservò Jake riprendere il cammino verso la strada illuminata, la pistola stretta in pugno, la postura rigida.
Non era strano vederlo così nervoso dopo un attacco così ravvicinato. All'inizio era stato fin troppo entusiasta all'idea di andare ad ammazzare zombie, ma presto la carica di adrenalina si era esaurita e aveva cominciato ad avere paura come tutti loro: paura di perdere i propri amici, paura di non riuscire a correre abbastanza in fretta, paura di finire le munizioni nel momento sbagliato; ma Jake si muoveva come se fosse solo contro il mondo. Come se non potesse fidarsi di chi gli guardava le spalle. Come se non potesse fidarsi di lui.
Avrebbe voluto chiedergli qual era il problema, avrebbe voluto chiedergli se c'era qualcosa che non andava, ma le parole gli si bloccavano in gola, e Dirk preferì rimanere in silenzio, un peso indefinibile nello stomaco.
Appena prima dell'imboccatura del vicolo, Jake si appiattì contro l'angolo, sbirciando a destra e a sinistra, e imprecò.
"Siamo nella merda Strider," borbottò Jake, tirandosi indietro perchè anche Dirk vedesse.
Il vicolo apparentemente sbucava su una delle strade principali di Derse, larga e spaziosa. La riconobbe come una delle strade che portava alla piazza principale; i danni causati dal Milite erano ben visibili sugli edifici, e la via stessa era ingombra di macerie e detriti qua e là. Direttamente davanti a loro
Sulla destra, diretto alla piazza per qualche motivo, c'era un piccolo gruppo di zombie, non più di una dozzina, grossi e lenti, piuttosto vicini. Sembravano malmessi, come se avessero incontrato qualcosa che li avesse fatti a pezzi, anche se non abbastanza da fermare la loro avanzata. Dirk calcolò che sarebbero riusciti a superarli facilmente anche senza affrontarli, ma anche se avessero dovuto difendersi, non sarebbe stato un problema: avevano avuto a che fare con roba più grossa.
Sulla sinistra la strada era relativamente sgombra, ma in lontananza un'ombra scura si avvicinava rapidamente. Anche da quella distanza non era difficile capire che si trattava di carapaci. Tantissimi carapaci, veloci e silenziosi come il loro sgradito ospite di poco prima, talmente veloci che Dirk aveva calcolato sarebbero stati loro addosso in qualche minuto. Doveva pensare in fretta.
"Cosa facciamo?" chiese Jake dietro di lui, il rumore metallico della pistola che veniva scaricata e ricaricata in un gesto nervoso.
"Potremmo correre e nasconderci di nuovo, il vicolo qui di fronte sembra abbastanza sicuro. Oppure avviarci lungo la strada. Dovevamo vederci nella piazza principale di Derse, giusto?"
"Sì. Janey mi ha detto che Roxy aveva nascosto una finestra dimensionale lì da qualche parte l'ultima volta che i Dersiti ci hanno ospitato," mormorò. "Secondo te sono stati infettati anche loro?"
"Non ne ho idea." Non voleva pensarci. Non voleva dire ad alta voce che probabilmente la massa di zombie che fluiva nella loro direzione erano proprio quei carapaci gentili.
"Comunque, qualunque cosa decidiamo di fare," Dirk indicò con un pollice il gruppo di zombie di sinistra, che si stava avvicinando sempre di più. "Non credo che riusciremmo ad evitare questi qui. Ho come l'impressione che siano un po' meno ricoglioniti di altri carapaci che abbiamo incontrato. Se quelli grossi ci vedessero correre nel vicolo dubito si ricorderebbero abbastanza a lungo di noi per inseguirci, ma queste piccole canaglie? Ci starebbero addosso."
"Se andiamo a destra li abbiamo alle calcagna, se andiamo a sinistra ce li troviamo davanti e se andiamo dritti nel vicolo ci fanno fare la fine del topo," borbottò Jake, contando le opzioni sulle dita di una mano.
"Esattamente."
"Detto in parole povere, ripeto la mia posizione: siamo nella merda, Strider," concluse risistemandosi gli occhiali sul naso, una piega di fastidio nella bocca. "Facciamone fuori il più possibile e basta," borbottò tra i denti prima di lanciarsi allo scoperto.
Dirk ridacchiò senza allegria e lo seguì.
A confronto con la semioscurità della stradina in cui si trovavano prima, la luce della strada principale era accecante. Dirk non era mai stato così contento di indossare un paio di occhiali scuri. Jake si era appiattito sul muro a destra, probabilmente per prendere tempo mentre i suoi occhi si abituavano alla differenza di illuminazione; mossa intelligente o avrebbe finito per crivellare lui di colpi, e Dirk ne aveva avuto abbastanza di morire, per questa sessione.
Si piantò in mezzo alla strada, stringendo la presa sull'impugnatura della katana e respirando profondamente. A meno di cinquanta metri davanti a lui marciava in fila compatta l'esercito di carapaci, dagli esoscheletri di chitina lucidi come inchiostro. Non sarebbe mai riuscito ad eliminarli da solo; a giudicare dai colpi che venivano da dietro di lui, Jake aveva cominciato a smantellare l'altro gruppo di zombie. Sperava si spicciasse. Avrebbe ucciso prima di ammetterlo ad alta voce, ma c'era qualcosa in quella marea di insettoidi in decomposizione che gli faceva tremare le mani, che lo inchiodava sul posto, che gli impediva di deglutire e di respirare normalmente.
Non c'erano Squarewave e Sawtooth a coprirgli le spalle, se avesse fatto un passo falso. Sarebbe stato da solo. Jake probabilmente non lo avrebbe lasciato morire, ma sarebbe stato in difficoltà anche lui. Erano così numerosi, così rapidi. Dirk era veloce, ma non aveva mai avuto un avversario che fosse davvero alla sua altezza, in quanto a rapidità. Jake gli avrebbe coperto le spalle, ma erano stanchi, non avevano un piano. Era abituato a fare errori, era una delle cose che faceva più spesso, con la robotica era sempre una questione di prova e riprova, sbaglia e correggi, ma in una situazione come questa? Dirk questa volta non aveva nessun margine di errore.
Sentì Jake avvicinarsi da dietro, il rumoroso click del caricatore come unico suono nell'aria, a parte lo scricchiolio dei carapaci, ormai poco distanti, e il pulsare sordo del suo stesso sangue nelle orecchie. Aspettò che fosse praticamente di fianco a lui, poi si lanciò in avanti.
Iniziò a fendere le prime file di carapaci come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Sapeva che per farcela in quel momento, ogni gesto doveva essere automatico, come memorizzato nei suoi muscoli. In quel momento non era altro che tendine, leva, chimica, stomaco. Non aveva tempo di calcolare niente, di pianificare le sue mosse. Non era un gioco di scacchi, dove il suo cervello avrebbe dovuto prendere in considerazione tutte le variabili per chiudere la partita in poche mosse. Era un lavoro da macellai, una carneficina, una battuta di caccia in cui non c'era alcuna differenza tra cacciatore e preda. Non era il suo habitat. Non era il suo ambiente. Era una questione di vita o di morte.
Sapeva che Jake stava registrando un buon numero di vittime solo perchè lo aveva intravisto un paio di volte ai margini del suo campo visivo, circondato di brandelli di cheratina resa spugnosa dalla carne di carapace fermentata e decomposta, e perchè sentiva i colpi delle sue pistole, ma in realtà era solo una considerazione di sfondo, su cui non poteva davvero concentrarsi.
Ad un certo punto, in piedi in mezzo alla via erano rimasti solo loro.
Gli ci volle un po' per accorgersi che nessuno lo stava più attaccando: era rimasto così tanto tempo in posizione di attacco che il suo corpo pareva essersi congelato, teso e pronto a scattare come una molla al minimo stimolo. Quando finalmente realizzò di essere fuori pericolo e cercò di tornare in posizione di riposo, fu come se qualcuno lo avesse colpito con una gigantesca mazza: tutto il dolore e la fatica che non aveva sentito mentre combatteva gli si scaricarono addosso tutti insieme. Crollò in ginocchio a terra, esausto. Il sudore che gli inzuppava la canotta cominciava ad asciugarglisi addosso, sentiva un freddo terribile.
Non si sentiva così a pezzi, così vulnerabile, dalla prima volta che aveva affrontato un drone. Era stato Sawtooth a respingerlo, alla fine, perchè Dirk si era stancato così in fretta da non riuscire più a sollevare la katana.
Si sentiva tremare incontrollabilmente, il cuore gli martellava nel petto talmente forte che ne sentiva il pulsare sordo nei timpani. Respirava a fatica, e ad ogni boccata affannosa l'odore rivoltante del liquame in decomposizione che una volta riempiva i carapaci lo soffocava sempre di più. Non potè fare niente per impedire al suo stomaco di contrarsi, di rovesciare il suo contenuto sul lastricato violaceo.
Sentì Jake avvicinarsi alla sua destra; avrebbe voluto alzarsi, mostrargli che stava bene, ma sapeva che se avesse cercato di tirarsi in piedi sarebbe caduto di nuovo. Tossì un paio di volte, cercando di togliersi dalla gola la sensazione di aver appena bevuto acido.
"Se ce ne fossero stati di più non ce l'avrei proprio fatta," commentò con una mezza risata in direzione di Jake, facendo una smorfia all suono della propria voce, rauca e secca.
Jake non rispose. Quando Dirk alzò la testa per guardarlo, lo vide in piedi che lo fissava con un'espressione strana sul volto. Non sapeva mai se era disgusto o preoccupazione, con il modo in cui gli si corrugava la fronte, con quella piega sulle sopracciglia, quella mascella rigida.
Si toccò il viso in un gesto meccanico, controllando automaticamente che gli occhiali fossero al loro posto, e se ne pentì quando si rese conto che aveva le mani coperte di slime puzzolente. Di certo far fuori zombie con una katana non era un lavoro pulito: ne era praticamente inzuppato dalla testa ai piedi. Questa volta riuscì a trattenere la bile che minacciava di risalirgli su per la gola.
"Non è un bello spettacolo," commentò di nuovo Dirk, schiarendosi la voce prima di parlare. Non era da lui, ma il silenzio di Jake stava cominciando ad andargli sui nervi.
Era un po' più calmo adesso. Non tremava più così tanto, e riusciva a respirare normalmente. Più o meno. Si alzò lentamente, captchalogando la katana per poter fare leva su entrambe le mani, anche se aveva i guanti talmente viscidi che per un attimo rischiò di scivolare dritto nella massa di cadaveri. Decisamente una delle ultime cose che voleva al momento.
Non appena fu in piedi, Jake decaptchalogò una delle sue semiautomatiche e la ricaricò con un gesto rapido.
Non appena Dirk cercò di muovere un passo nella sua direzione, gliela puntò contro, dritto alla testa.
Dirk congelò sul posto. L'espressione di Jake non era cambiata molto da qualche secondo prima; si era solo fatta molto più decisa. Era preoccupato; era spaventato. Era dispiaciuto.
A Dirk ci vollero un paio di tentativi prima che riuscisse a dire qualcosa. Deglutì più volte, cercando di mandare giù il groppo che gli si era formato in gola. Aveva la voce abbastanza rasposa senza che si mettesse anche a gracchiare per la paura. Gli piaceva pensare che avrebbe rovinato la sua immagine. Quello che uscì dalla sua bocca poco dopo suonò comunque come un gracidio.
"Jake?"
"Mi dispiace, vecchio mio," mormorò, aggiustando la presa sulla pistola. Aveva il dito sul grilletto, qualcosa che non avrebbe mai fatto se non fosse stato sicuro al cento per cento che avrebbe dovuto sparare. Aveva perso fin troppo tempo a guardare le sue mani per non sapere un particolare del genere.
"Jake, non so cosa diavolo ti sia saltato in mente, ma stai commettendo un grosso errore," cercò di farlo ragionare Dirk, sollevando lentamente le mani.
"Vorrei non dover essere io a farlo, Dirk," sussurrò Jake, avvicinandosi di un passo, "ma non possiamo correre rischi."
Dirk aveva freddo; un po' per il sudore che gli appiccicava la stoffa alla pelle e che si stava asciugando nella brezza immobile di Derse, un po' per il blocco di ghiaccio che gli era scivolato nello stomaco mentre si rendeva conto di cosa volessero dire quelle parole.
Jake era convinto fosse Dirk era stato contagiato, e non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo.