May. 27th, 2012
Titolo: Holding moments in the depth of care
Serie: The glaciers made you (and now you're mine) (click & click)
Fandom: Thor sequel/ Avengers prequel
Pairing: past Svadilfari/Loki, Thor/Loki
Rating: R (triggering content)
Warning: experimental/non-linear writing, mitologia nordica qua e là, past mpreg, suicide thoughts, homophobia, spoilerish per Avengers (2012)
Wordcount: 1655
fiumidiparole
Prompt: Cleansed
Riassunto: la distruzione del Bifrost non era esattamente nei piani di Loki: quando comincia a cadere nel vuoto in seguito allo schianto, viene preso dal panico, convinto di morire; Odino salva Thor, ma segna la fine di Loki. Cadendo nel vuoto, Loki ripensa al suo passato, e a un futuro che nella sua non esistenza è più benvenuto della morte stessa. Almeno così crede. (spoilerish per Avengers)
Note: il titolo viene da Glow Worms di Vashti Bunyan.
Loki guardò verso l’alto: Thor oscillava pericolosamente nel vuoto, una mano chiusa intorno all’asta; la mano nodosa e antica di Odino era stretta intorno alla caviglia del suo figlio dorato, lo sforzo che gli contorceva il viso in una smorfia. Il padre degli dei appariva lontanissimo: la sua espressione, oltre alla fatica, era indecifrabile.
« Lo avrei fatto, padre! » urlò Loki. Dietro di lui il Bifrosto collassava nell'universo, cercando di aprirsi un varco a forza nelle pieghe dell'infinito, là dove si erano richiuse tra Asgard e Jotunheimr. Loki si chiese distrattamente quanti di quei ghiacciai erano rimasti integri, se ancora risplendevano verdi e viola nel buio luminoso.
Era Aesir. Odinson.
« Lo avrei fatto! » ripetè. Sotto il fragore dell'universo che si lacerava, poteva quasi ignorare il modo in cui la voce si incrinava per la rabbia e la disperazione, per la paura. « Per te, per tutti noi. »
L'espressione di Odino divenne ancora più contorta. Era come cercare di separare inchiostri di diversi colori versati nella stessa fiala: all'inizio erano visibili le singole sfumature, ma eventualmente tutto finiva per diventare un liquido fangoso e indefinito. Era dolore? Commozione? Affetto?
« No, Loki »
Disappunto. Le parole di Odino rimbombarono rumorosamente nel fracasso inudibile, nel silenzio assordante e ovattato che riempiva la testa di Loki. La lancia di Odino bruciava nella sua mano, e automaticamente contrasse la presa, lasciando che il dolore dell'attrito gli penetrasse nella carne. Vide le labbra di Thor muoversi intorno alle stesse parole, ma Loki non udiva niente.
Distese le dita e cominciò a cadere, inghiottendo il terrore e la paura che gli attanagliava le viscere. Thor cercò di allungarsi nella sua direzione, di afferrarlo, ma Loki era già trascinato via dal vortice dietro di lui.
La parte analitica della sua mente si distrasse, prendendo nota di come riusciva a rendersi conto del rumore assordante della distruzione intorno a lui, ma non riuscisse a sentirlo; sarebbe morto prosciugato dal Bifrost che lo avrebbe scambiato per una sorgente di energia, o sfracellato da un frammento del ponte stesso? Quello che era certo era che sarebbe morto guardando quella che una volta aveva considerato la sua casa, dorata, luminosa, ricca, triste Asgard.
Poi il vortice si chiuse sopra di lui, e Loki seppe di non essersi mai sbagliato così tanto.
Non avrebbe dovuto essere così familiare e rassicurante. Cadere nel vuoto. Avrebbe dovuto essere un incubo. Si era lasciato cadere per punire se stesso del proprio fallimento. Invece aveva trovato pace.
Terribile, dolorosa, inaspettata pace, in profondità dello spazio così remote che le stelle quasi non brillavano nemmeno.
Un velluto nero puro come l'inchiostro umido – l'odore della carta, del legno antico degli scaffali su cui riposavano i suoi libri di magia, il volume aperto sotto le sue mani – le mani calde di Thor intorno alla sua vita e il suo respiro (caldo, umido) contro l'orecchio.
Odore di seidr come l'odore invisibile della pallida pioggia d'inverno, sulla lente pallida e invisibile che lo aveva protetto – le lacrime di Sif che piangeva i suoi capelli dorati – le dita di Loki aggrovigliate nelle ciocche luminose, il senso di colpa inghiottito in uno shock d'estasi, il dolore dimenticato sulle labbra.
(le lacrime, la colpa, il lutto)
Svadilfari rideva nitriti gioiosi, Loki sorrideva tornando a palazzo – ma Thor aveva salvato di nuovo Asgard dai mostri, Odinson – la creatura era nella sua stanza, ignara di tutto, solo ma per poco. Un calcio minuscolo e un flebile cuore dentro di lui.
(le lacrime, il dolore, il lutto)
La maledizione della verità, Laufeyson – il gelo riveste la sua carne il suo cuore la sua mente e le stelle lontane.
Stringhe di seidr si avviluppavano intorno alle sue membra consumate dal tempo e dal nulla per ripararle – Loki sentiva dentro di sé le schegge di qualcosa che si era spezzato, come un cristallo colpito da una maledizione, come il ghiacciaio durante il disgelo – ma il vuoto lo cullava come una madre premurosa – Loki lasciava che Frigga gli intrecciasse i capelli di anemoni, stelle d'inverno, botton d'oro, margherite e papaveri che crescevano nel suo giardino mentre lui studiava sdraiato nell'erba, un momento segreto e intimo solo per loro, e in quei momenti a Loki non interessava cosa c'era al di là delle curatissime siepi che la madre potava con le sue mani di regina – l'aveva stretta tra le braccia dopo aver ucciso suo padre per impedirgli di uccidere suo padre – Laufeyson. Laufeyson.
Si chiese come aveva fatto a credere di aver paura del vuoto – aveva passato la vita scappando dalla folla e dalle loro parole, affilando la lingua contro le loro spade e i goffi insulti – argr – aveva cercato di difendere i suoi figli dal colmo della corte – aveva fallito – no, Loki. – odiava Odino, il suo odio era così denso nelle sue viscere che probabilmente il suo corpo si stava nutrendo di esso, non avendo altro di cui cibarsi in quel nulla assoluto.
Era fuggito tante volte su Jotunheimr per stare da solo – la sua beata, innocente ignoranza, le sue errate convinzioni su quella terra ghiacciata e affascinante, che aveva amato in segreto nel profondo della sua anima senza il coraggio di ammetterlo, la sublime rovina di un regno davanti ai suoi occhi, e suoi soltanto, là dove i mostri non avrebbero potuto apprezzare la terribile bellezza della loro stessa vuota, ghiacciata, maestosa, patria frantumata – poi la notte era calata sulla sua pelle, e Loki si era spezzato come un ghiacciaio nel disgelo.
Si chiese se Svadilfari lo aveva capito, quando lo aveva guardato negli occhi quella volta. Aveva avuto ragione quando aveva detto che non erano della stessa specie -molto di più, aveva detto. Se non aveva maledetto il nome di Svadilfari nell'angolo più recondito del cosmo – del caos – era solo perchè il posto che il mutaforma occupava nel suo animo era troppo vicino al suo cuore malato.
Non stava più cadendo, la forza dello strappo nel cielo si era finalmente esaurita, e Loki fluttuava. Il nulla si era gradualmente riempito di frammenti di luce, come scintille, frantumi di luce.
La sua anima era in frantumi, la sua mente era in frantumi, e per quanto poteva saperne anche il suo corpo.
Ricordava le tante volte che si era sdraiato nei curati parti dei giardini di corte, e nonostante il peso della minuscola vita dentro di lui aveva pregato per la morte, guardando quelle stesse profondità, chiedendosi se era lassù che le Norne si nascondevano quando non abitavano nelle radici dell'Yggdrasil, ridendo di lui e delle sue disgrazie. Loki conosceva le antiche profezie -lontane impressioni delle sue vite precedenti accarezzavano le sue viscere con mani crudeli- e a volte aveva pregato le antiche divinità perchè la sua fine si compisse presto, perchè non dovesse vedere un altro figlio delle sue membra strappato dalle sue braccia. Si chiese se era il suo destino desiderare e inseguire la morte, invece di cercare di fuggirla.
La morte lo avrebbe accolto con braccia materne, pensava Loki, sospeso nel vuoto illuminato. Il cuoio morbido della sua armatura pesava sulle sue nude ossa, i suoi capelli riarsi e sottili ondeggiavano come alghe intorno ad un volto che Loki sentiva magro ed estraneo. Immaginò il suo funerale, mai celebrato: immaginò Thor che raccoglieva le sue spoglie torturate e vuote, toccava con mani reverenti quel poco di guscio che era rimasto dell'uomo che una volta aveva creduto suo fratello. Con la sua morte sarebbe caduta l'illusione che lo mostrava Aesir? Sarebbe stata restituita una salma Jotun dalle acque dell'universo? Non lo avrebbero riservato allora al rogo sacro, ma lo avrebbero lasciato nei boschi, perchè il suo cadavere venisse consumato dalle bestie selvatiche, e dal terreno. Il Padre degli Dei lo avrebbe pianto come un figlio, o avrebbe celebrato la sua morte come quella di un nemico finalmente sconfitto? Frigga non lo avrebbe mai permesso. Loki aveva ancora la forza di dolere per Frigga, sentiva ancora le sue braccia robuste di guerriera in riposo avvolgersi intorno al suo corpo dopo che aveva ucciso Laufey, dopo avergli impedito di rendere eterno il sonno di Odino.
La dolcezza dei ricordi avrebbe accompagnato l'ultimo sospiro del dio della menzogna, la sottile seta della sua magia.
Poi il dolore lo squarciò, e Loki urlò e si infranse nella notte eterna.
NB: questa storia è parte di una serie. Gli episodi non sono ordinati in ordine cronologico.
Serie: The glaciers made you (and now you're mine) (click & click)
Fandom: Thor sequel/ Avengers prequel
Pairing: past Svadilfari/Loki, Thor/Loki
Rating: R (triggering content)
Warning: experimental/non-linear writing, mitologia nordica qua e là, past mpreg, suicide thoughts, homophobia, spoilerish per Avengers (2012)
Wordcount: 1655
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: Cleansed
Riassunto: la distruzione del Bifrost non era esattamente nei piani di Loki: quando comincia a cadere nel vuoto in seguito allo schianto, viene preso dal panico, convinto di morire; Odino salva Thor, ma segna la fine di Loki. Cadendo nel vuoto, Loki ripensa al suo passato, e a un futuro che nella sua non esistenza è più benvenuto della morte stessa. Almeno così crede. (spoilerish per Avengers)
Note: il titolo viene da Glow Worms di Vashti Bunyan.
If my heart freezes, I won't feel the breaking.
Vashti Bunyan - Winter is blue
Il Bifrost si spezzò con uno schianto assordante, e i due fratelli -non erano fratelli, non erano fratelli- vennero sbalzati via. Loki sentì il panico diffondersi in lui e intossicarlo come una nuvola di veleno. Stavano per morire, inghiottiti dal nulla cosmico, e nessuno sarebbe stato in grado nemmeno di trovare i loro corpi per seppellirli.
La sua mano destra si strinse istintivamente su Gugnir, l’unico appiglio che aveva a disposizione, in un disperato tentativo di salvarsi, e vide Thor fare lo stesso. All’improvviso la loro caduta si fermò bruscamente.
La sua mano destra si strinse istintivamente su Gugnir, l’unico appiglio che aveva a disposizione, in un disperato tentativo di salvarsi, e vide Thor fare lo stesso. All’improvviso la loro caduta si fermò bruscamente.
Loki guardò verso l’alto: Thor oscillava pericolosamente nel vuoto, una mano chiusa intorno all’asta; la mano nodosa e antica di Odino era stretta intorno alla caviglia del suo figlio dorato, lo sforzo che gli contorceva il viso in una smorfia. Il padre degli dei appariva lontanissimo: la sua espressione, oltre alla fatica, era indecifrabile.
Era paura, affetto, rabbia, disappunto, dolore, quell’emozione che si contraeva sul volto millenario? Loki non poteva esserne sicuro.
« Lo avrei fatto, padre! » urlò Loki. Dietro di lui il Bifrosto collassava nell'universo, cercando di aprirsi un varco a forza nelle pieghe dell'infinito, là dove si erano richiuse tra Asgard e Jotunheimr. Loki si chiese distrattamente quanti di quei ghiacciai erano rimasti integri, se ancora risplendevano verdi e viola nel buio luminoso.
Aveva amato Jotunheimr, realizzò distante, finchè non aveva scoperto che da laggiù venivano tutte le sue disgrazie, nascoste nel suo sangue come un morbo mortale, impregnate nelle sue ossa come una maledizione. Era stato pronto a fare dietro di sé terra bruciata, se fosse servito a dimostrare che il suo sangue non aveva importanza.
Era Aesir. Odinson.
« Lo avrei fatto! » ripetè. Sotto il fragore dell'universo che si lacerava, poteva quasi ignorare il modo in cui la voce si incrinava per la rabbia e la disperazione, per la paura. « Per te, per tutti noi. »
L'espressione di Odino divenne ancora più contorta. Era come cercare di separare inchiostri di diversi colori versati nella stessa fiala: all'inizio erano visibili le singole sfumature, ma eventualmente tutto finiva per diventare un liquido fangoso e indefinito. Era dolore? Commozione? Affetto?
« No, Loki »
Disappunto. Le parole di Odino rimbombarono rumorosamente nel fracasso inudibile, nel silenzio assordante e ovattato che riempiva la testa di Loki. La lancia di Odino bruciava nella sua mano, e automaticamente contrasse la presa, lasciando che il dolore dell'attrito gli penetrasse nella carne. Vide le labbra di Thor muoversi intorno alle stesse parole, ma Loki non udiva niente.
Distese le dita e cominciò a cadere, inghiottendo il terrore e la paura che gli attanagliava le viscere. Thor cercò di allungarsi nella sua direzione, di afferrarlo, ma Loki era già trascinato via dal vortice dietro di lui.
La parte analitica della sua mente si distrasse, prendendo nota di come riusciva a rendersi conto del rumore assordante della distruzione intorno a lui, ma non riuscisse a sentirlo; sarebbe morto prosciugato dal Bifrost che lo avrebbe scambiato per una sorgente di energia, o sfracellato da un frammento del ponte stesso? Quello che era certo era che sarebbe morto guardando quella che una volta aveva considerato la sua casa, dorata, luminosa, ricca, triste Asgard.
Poi il vortice si chiuse sopra di lui, e Loki seppe di non essersi mai sbagliato così tanto.
Non avrebbe dovuto essere così familiare e rassicurante. Cadere nel vuoto. Avrebbe dovuto essere un incubo. Si era lasciato cadere per punire se stesso del proprio fallimento. Invece aveva trovato pace.
Terribile, dolorosa, inaspettata pace, in profondità dello spazio così remote che le stelle quasi non brillavano nemmeno.
Un velluto nero puro come l'inchiostro umido – l'odore della carta, del legno antico degli scaffali su cui riposavano i suoi libri di magia, il volume aperto sotto le sue mani – le mani calde di Thor intorno alla sua vita e il suo respiro (caldo, umido) contro l'orecchio.
Odore di seidr come l'odore invisibile della pallida pioggia d'inverno, sulla lente pallida e invisibile che lo aveva protetto – le lacrime di Sif che piangeva i suoi capelli dorati – le dita di Loki aggrovigliate nelle ciocche luminose, il senso di colpa inghiottito in uno shock d'estasi, il dolore dimenticato sulle labbra.
(le lacrime, la colpa, il lutto)
Svadilfari rideva nitriti gioiosi, Loki sorrideva tornando a palazzo – ma Thor aveva salvato di nuovo Asgard dai mostri, Odinson – la creatura era nella sua stanza, ignara di tutto, solo ma per poco. Un calcio minuscolo e un flebile cuore dentro di lui.
(le lacrime, il dolore, il lutto)
La maledizione della verità, Laufeyson – il gelo riveste la sua carne il suo cuore la sua mente e le stelle lontane.
Il ventre di Loki contratto nella solitudine nel vuoto dell'universo – squame che scivolano liscie sotto le sue dita, ancora umide e viscide del parto, la morte che vive nel suo grembo, e il morso che li condannò – dimenticati ma mai cancellati dalla sua memoria.
Stringhe di seidr si avviluppavano intorno alle sue membra consumate dal tempo e dal nulla per ripararle – Loki sentiva dentro di sé le schegge di qualcosa che si era spezzato, come un cristallo colpito da una maledizione, come il ghiacciaio durante il disgelo – ma il vuoto lo cullava come una madre premurosa – Loki lasciava che Frigga gli intrecciasse i capelli di anemoni, stelle d'inverno, botton d'oro, margherite e papaveri che crescevano nel suo giardino mentre lui studiava sdraiato nell'erba, un momento segreto e intimo solo per loro, e in quei momenti a Loki non interessava cosa c'era al di là delle curatissime siepi che la madre potava con le sue mani di regina – l'aveva stretta tra le braccia dopo aver ucciso suo padre per impedirgli di uccidere suo padre – Laufeyson. Laufeyson.
Si chiese come aveva fatto a credere di aver paura del vuoto – aveva passato la vita scappando dalla folla e dalle loro parole, affilando la lingua contro le loro spade e i goffi insulti – argr – aveva cercato di difendere i suoi figli dal colmo della corte – aveva fallito – no, Loki. – odiava Odino, il suo odio era così denso nelle sue viscere che probabilmente il suo corpo si stava nutrendo di esso, non avendo altro di cui cibarsi in quel nulla assoluto.
Era fuggito tante volte su Jotunheimr per stare da solo – la sua beata, innocente ignoranza, le sue errate convinzioni su quella terra ghiacciata e affascinante, che aveva amato in segreto nel profondo della sua anima senza il coraggio di ammetterlo, la sublime rovina di un regno davanti ai suoi occhi, e suoi soltanto, là dove i mostri non avrebbero potuto apprezzare la terribile bellezza della loro stessa vuota, ghiacciata, maestosa, patria frantumata – poi la notte era calata sulla sua pelle, e Loki si era spezzato come un ghiacciaio nel disgelo.
Si chiese se Svadilfari lo aveva capito, quando lo aveva guardato negli occhi quella volta. Aveva avuto ragione quando aveva detto che non erano della stessa specie -molto di più, aveva detto. Se non aveva maledetto il nome di Svadilfari nell'angolo più recondito del cosmo – del caos – era solo perchè il posto che il mutaforma occupava nel suo animo era troppo vicino al suo cuore malato.
Non stava più cadendo, la forza dello strappo nel cielo si era finalmente esaurita, e Loki fluttuava. Il nulla si era gradualmente riempito di frammenti di luce, come scintille, frantumi di luce.
La sua anima era in frantumi, la sua mente era in frantumi, e per quanto poteva saperne anche il suo corpo.
Dalle fessure e dalle crepe del suo animo il vuoto era penetrato e lo aveva riempito, pulito e purificato.
Adesso una luce gentile e polverosa avvolgeva il corpo di Loki -sì, aveva ancora un corpo, poteva vedere le proprie mani, color cenere, verdastre e aliene nel chiarore delle nebulose, nelle profondità dimenticate dello spazio.
Ricordava le tante volte che si era sdraiato nei curati parti dei giardini di corte, e nonostante il peso della minuscola vita dentro di lui aveva pregato per la morte, guardando quelle stesse profondità, chiedendosi se era lassù che le Norne si nascondevano quando non abitavano nelle radici dell'Yggdrasil, ridendo di lui e delle sue disgrazie. Loki conosceva le antiche profezie -lontane impressioni delle sue vite precedenti accarezzavano le sue viscere con mani crudeli- e a volte aveva pregato le antiche divinità perchè la sua fine si compisse presto, perchè non dovesse vedere un altro figlio delle sue membra strappato dalle sue braccia. Si chiese se era il suo destino desiderare e inseguire la morte, invece di cercare di fuggirla.
La morte lo avrebbe accolto con braccia materne, pensava Loki, sospeso nel vuoto illuminato. Il cuoio morbido della sua armatura pesava sulle sue nude ossa, i suoi capelli riarsi e sottili ondeggiavano come alghe intorno ad un volto che Loki sentiva magro ed estraneo. Immaginò il suo funerale, mai celebrato: immaginò Thor che raccoglieva le sue spoglie torturate e vuote, toccava con mani reverenti quel poco di guscio che era rimasto dell'uomo che una volta aveva creduto suo fratello. Con la sua morte sarebbe caduta l'illusione che lo mostrava Aesir? Sarebbe stata restituita una salma Jotun dalle acque dell'universo? Non lo avrebbero riservato allora al rogo sacro, ma lo avrebbero lasciato nei boschi, perchè il suo cadavere venisse consumato dalle bestie selvatiche, e dal terreno. Il Padre degli Dei lo avrebbe pianto come un figlio, o avrebbe celebrato la sua morte come quella di un nemico finalmente sconfitto? Frigga non lo avrebbe mai permesso. Loki aveva ancora la forza di dolere per Frigga, sentiva ancora le sue braccia robuste di guerriera in riposo avvolgersi intorno al suo corpo dopo che aveva ucciso Laufey, dopo avergli impedito di rendere eterno il sonno di Odino.
La dolcezza dei ricordi avrebbe accompagnato l'ultimo sospiro del dio della menzogna, la sottile seta della sua magia.
Poi il dolore lo squarciò, e Loki urlò e si infranse nella notte eterna.
NB: questa storia è parte di una serie. Gli episodi non sono ordinati in ordine cronologico.