http://misako93.livejournal.com/ ([identity profile] misako93.livejournal.com) wrote in [community profile] somewhatclear2012-03-03 11:26 pm

April is the cruellest month

Titolo: April is the cruellest month
Fandom: X-Men: First Class
Pairing: Erik Lehnsherr/Charles Xavier
Rating : PG13
Warning: weird POVs, no power!AU
Wordcount: 1128 @ [livejournal.com profile] fiumidiparole
Riassunto: Dopo dieci anni Erik e Charles si incontrano di nuovo in una libreria. E' come se il tempo non fosse passato, e il dolore è dolce.

April is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain. 
T.S Eliot - The Waste Land, The burial of the Dead

« Cosa fai quindi adesso? » 
« Uh. Insegno. » 
« Oh, finalmente. Il sogno di una vita che si avvera, no? » 
« Immagino di sì. » 

Silenzio. 

« Tu cosa fai, invece? » 
« Ho trovato lavoro in uno studio di un architetto. Sai, quello che ha progettato il centro commerciale qui dietro? » 
« Davvero? Ci hai lavorato anche tu? » 
« Purtroppo no. Avevano appena finito quando mi hanno assunto. Ma va bene, pagano bene, e il lavoro c'è. » 
« Bene, direi... » 

Ancora silenzio. Solo il tintinnio del cucchiaino contro il bordo della tazza. Un tè e un caffè, uno di fianco all'altro a raffreddarsi sul tavolo del bar, come tanti anni prima erano compagni sul tavolo della colazione. 

« E... Amy? » 
« Amy? » 
« Quella ragazza... » 
« Oh! Amy. Non ha funzionato. Ovviamente. » 
« Ovviamente? » 
« Ho realizzato che le donne io non so prenderle per il verso giusto, se capisci cosa intendo. » 
« Capisco. » 
Più silenzio che conversazione, in questo caso. Nessuno dei due si aspettava di vedere l'altro dopo tutto quel tempo. Si erano dimenticati a vicenda, o così credevano. Insegnare all'università portava via un sacco di tempo, con le ore di laboratorio, e le lezioni, e le ricerche, e le conferenze di aggiornamento, e tutti quegli studenti che gli occupavano la mente. Non aveva altro tempo. I progetti e le commissioni in uno studio come quello arrivavano a pioggia; non c'era da stupirsi, dal momento che era uno degli studi più grandi e famosi della città. Era anni che non lo vedeva, ma stare a contatto con quei ragazzi evidentemente gli aveva fatto bene: era come se il tempo per lui si fosse fermato, e poteva ancora vedere il ragazzo di cui si era innamorato. Era un uomo fatto, ormai. Con quelle spalle sembrava che più che progettarli gli edifici lui li costruisse, a mano. Non che fosse mai stato un ragazzo sottile; ricordava ancora la sensazione delle sue braccia muscolose sotto le dita, quando gli si appoggiava contro per baciarlo. 

« Hai qualcuno? » 
« Scusa? » 
« Hai un... una... » 
« Oh. Sì. Cioè, no, non più. Ci siamo lasciati settimana scorsa. » 
« Oh. Cavolo, mi dispiace non sapevo … » 
« Come avresti potuto? Sono dieci anni che non ci vediamo, in fondo … » 

Dieci anni. 

« Dieci anni? » 

Ieri. Si erano visti tutti i giorni, fino a ieri. Si erano sorrisi timidamente nel bar dell'università, fino a ieri. Avevano riso alle loro battute idiote, fino a ieri. Le sue labbra erano così morbide fino a ieri, e non si sarebbero mai lasciati, fino a ieri. Si erano visti solo qualche volta, fino a ieri. Non si erano più visti. 

Fino ad oggi.

« Dieci anni. Sembra … » 
« Ieri. » 
« Sì. » 

Il tavolino era minuscolo, circolare, un tavolino da caffè di un caffè qualunque. Sarebbe così semplice, allungare la mano e toccare la sua, appoggiata sul tavolo. Sarebbe così facile infilare un piede tra i suoi, sotto il tavolo. Quegli occhi così azzurri erano ancora più chiari, con il sole che li illuminava di lato a quel modo, facendoli sembrare gemme preziose. Si chiese distrattamente se quella mattina si era rasato, guardando l'ombra dorata svelata dal sole su quella mascella scolpita; era dura resistere la sensazione di sentirla sotto le dita. 
Aveva le parole incastrate in gola. Ancora silenzio. Come era successo? Perchè si erano persi di vista? Sono cose che capitano, certo. Amy era molto bella, ma non era abbastanza bella per lui. Amy era bella, simpatica, spiritosa e intelligente, ma era solo Amy. Sapeva che non era colpa sua. Sono cose che capitano, con lo studio, con il lavoro, con la vita. L'aveva pensato? Sapeva che lui non lo aveva fatto abbastanza. L'aveva fatto, ma a un certo punto aveva smesso di illudersi -avrà trovato qualcuno che lo ama davvero, che ha il cuore di chiamarlo anche quando si trova in un'altra città, non come -oddio che aveva fatto?

« Charles- » 
« Erik- » 

Avevano parlato insieme. Risero insieme. Silenzio. Tintinnio di cucchiaini. 

Dolore. Rivedeva la sua mano, stretta intorno alla maniglia della valigia. "Ti chiamo quando arrivo". Non lo aveva chiamato, non sapeva nemmeno lui perchè. Non aveva aspettato la chiamata. Aveva paura di dirgli cose stupide, e non si meritava che una sciocchezza detta al telefono gli rovinasse la vita; una vita felice, ecco quello che voleva per lui.
"Ti amo" gli avrebbe detto, se lo avesse chiamato. Non lo aveva chiamato, e aveva sperato di essere dimenticato. Si era sforzato di dimenticarlo. 

« Non mi hai più chiamato, quel giorno » 
« Non ti ho più chiamato, no. » 
« Perchè? » 
« Ero un ragazzo. Ti avrei detto qualche sciocchezza » 
« Ti avrei detto che ti amo. » 

Dopo tutto quel tempo le parole suonavano strane nella sua bocca. Le aveva pensate, le aveva provate così tanto, aspettando quella chiamata, ma non era mai arrivata, ed erano rimaste impronunciate. Dopo tutto quel tempo la sua bocca aveva ancora lo stesso sapore, ed era ancora soffice come allora. Erano in un bar, in mezzo a un sacco di persone, ma non riuscì a preoccuparsene. 

Un bacio. Un respiro. Una risata senza fiato. Un dolore. Un nodo in gola. 

« Scusami. » 
« Non ti azzardare. Non ti azzardare a chiedere scusa. » 

Non era arrabbiato con lui, ma era sorpreso dal dolore che sentiva. Come se qualcuno avesse improvvisamente diminuito la dose di morfina che gli gocciolava lentamente in vena. Erano i lembi di una ferita aperta.

Un sorriso, un bacio sulla guancia. Ago e filo. 

« La libreria … » 
« Mh? » 
« Ci siamo conosciuti lì, ricordi? » 

Un ritorno alle origini, una primavera crudele. La paura rifioriva, come se fossero stati ancora giovani, germogli degli uomini che erano ora, che non erano mai spuntati per davvero. Dopo Amy c'era stato Adam. Poi Angel. Poi Alex. Poi Steve. Poi James. Poi Magda. Poi basta. Nessuno aveva gli occhi abbastanza azzurri. Nessuno lo avrebbe mai baciato a quel modo. Nessuno rideva come Charles. Nessuno lo stringeva tra le braccia, baciandolo tra le scapole e mormorandogli dolcezze e nonsense in tre lingue diverse, pensandolo addormentato, come Erik. Aveva smesso di uscire con uomini e donne, e non riusciva nemmeno a ricordarsi perchè. 

Il caffè era un ricordo lontano di un'ora fa. Le palme delle mani gli prudevano, voleva togliergli quella cravatta, quella camicia, e baciarlo. Si limitava a stringergli la mano, seduti su una panchina al parco come due adolescenti. Ridevano, raccontandosi dei pettegolezzi dell'università, come se fossero tornati indietro. Gli baciò i capelli. Gli baciò il collo. 

Si baciarono di nuovo. Dieci anni. Ieri. 


note: partecipa al COW-T di [livejournal.com profile] maridichallenge per la seconda missione della sesta settimana con prompt: primavera 
ext_18115: (Default)

[identity profile] skyearth85.livejournal.com 2012-05-04 11:56 pm (UTC)(link)
Uno stile particolare ma molto interessante. Bella storia :)

[identity profile] gondolin-maid.livejournal.com 2012-05-05 02:36 am (UTC)(link)
Ti odio.
Che, è il caso di spiegarlo visto che non ci conosciamo, è la mia dichiarazione d'amore alle fanwriter che mi fanno piangere. Sono masochista e forse ascoltare musica romantica e imbarazzante come sottofondo non ha aiutato, ma erano mesi che commuovermi per una fanfiction non era così bello. Questo stile mi è piaciuto molto. Il finale è stato inaspettatamente dolce, dalla descrizione mi sarei aspettata altro angst... quindi è stata una bella sorpresa. A proposito della descrizione, questa è la prima fic che leggo di questo fandom, e mi sono lasciata trascinare per colpa del titolo e della citazione. Quella è probabilmente la mia parte preferita di tutta The Waste Land, quindi non ho potuto resistere.

« Non ti azzardare. Non ti azzardare a chiedere scusa. »
La bellezza di questa frase! *ride e piange insieme*

Nessuno lo stringeva tra le braccia, baciandolo tra le scapole e mormorandogli dolcezze e nonsense in tre lingue diverse, pensandolo addormentato, come Erik.
Adoro la cosa delle tre lingue diverse... e del fatto che Erik aspettasse di pensarlo addormentato, prima di mormorargli dolcezze.