http://misako93.livejournal.com/ ([identity profile] misako93.livejournal.com) wrote in [community profile] somewhatclear2009-08-17 12:00 pm

[Tokio Hotel] Get back #2

Fandom: Tokio Hotel; Twincest (Tom/Bill)
Titolo: Get Back
Autore: Misako93
Rating: R
Genere: Drammatico, Angst, Introspettivo, Hurt/Comfort
Avvisi: Rape, Violence, Drug Use, Adult Content.
Data stesura: 23 agosto 2008
Riassunto:
Non voglio che si allontani. E' appena tornato, se di nuovo se ne andasse ne morirei davvero.
Note: Questa fanfiction è stata scritta l'anno scorso per un contest della community Kaulitzestita. Devo ammettere che non me la ricordavo "XD ho dovuto rileggerla prima di pubblicarla anche qui. E' curioso, ma succede spesso con le mie shots. Forse perchè le scrivo talmente di getto... Comunque. In teoria questa doveva essere una shot, ma incredibilmente è risultata un po' troppo lunga. Così l'ho divisa in due.


Ho paura di aprire gli occhi.
Non voglio vedere. Non voglio pensare. Non voglio pentirmi.
Sulle mie labbra il suo sapore è ancora così chiaro che mi sembra di essere finito in un sogno, la fine dell'incubo della mia realtà.

*


Fuggii.
Non so nemmeno come.
Un attimo prima ero nel backstage, indeciso sul da farsi, e il secondo successivo ero seduto a un caffè di una cittadina nella periferia di qualche metropoli senza la più pallida idea di cosa sarebbe stata la mia vita da quel momento.
Non potevo starmene a guardare la gente che mangiava la sua coppa di gelato in santa pace e rimanere lì per sempre? A me sarebbe anche andato bene, ma sapevo che era materialmente impossibile da farsi. Prima o poi qualcuno mi avrebbe riconosciuto.
Avevo passato la notte in un taxi abbandonato, in un'atmosfera così surreale che mi sembrava di essere finito in qualche film. Avevo tanti soldi da potermi mantenere a vita, e mi ero ridotto a dormire in una macchina come un senzatetto. Però non potevo sfruttare la mia ricchezza per concedermi un riposo più consono. Mi avrebbero beccato subito e, nel mio piano, era essenziale farla franca. Se David mi avesse preso e riportato nella band, non avrei più potuto guardare Tom negli occhi.
Seduto al caffè con la mia coppa di gelato ormai finita potevo immaginare l'espressione che si sarebbe dipinta sul volto del mio gemello se mi avessero riportato indietro semplicemente sbirciando il riflesso dei miei occhi che si rispecchiavano vagamente nella pozzetta di crema sciolta sul fondo della coppa.
Perchè te ne sei andato? Cosa c'è, Bill? A me puoi dirlo.
Sbagliato, Tomi. Non avrei potuto dire un bel niente. Se lo avessi fatto non avrei più potuto nemmeno guardarmi nello specchio, figuriamoci guardare te.
Sapevo che in qualche modo era colpa di quella ragazza. Ero diventato così nervoso dopo che Tom me l'aveva detto.
Aveva un appuntamento serio con una ragazza. Poteva sembrare fantascienza per chi non conosceva mio fratello, ma solo io sapevo che, nonostante tutte le pose e i colpi di testa, Tom era un bravo ragazzo. Sapevo che se questa tizia gli fosse davvero piaciuta, e se lei avesse ricambiato, Tom avrebbe potuto tirare avanti una relazione davvero duratura.
Era quel pensiero che mi aveva distrutto, penso.
Il pensiero di vedere Tom con una ragazza per tutta una vita, mentre io vivevo accanto a lui e alla sua lei. Costretto a sorridere.
Non ce l'avrei mai fatta.
Io amavo Tom.
Forse è una bugia però, perchè se fossi stato davvero in grado di amare avrei sopportato, felice di vederlo felice.
No. La verità è che io amavo Tom, ma di un amore possessivo e geloso, di quelli la cui legge principale non è "L'importante è che tu viva felice della felicità dell'altro"; io volevo un amore che non fosse a senso unico, volevo che Tom mi amasse a sua volta e mi desiderasse, come io amavo e desideravo lui.
Mi sarei accontentato dei minuscoli segni di affetto fraterno, se Tom non avesse deciso di legarsi a qualcuno che non ero io, ma con una donna di mezzo io sarei sparito in secondo piano.
Così avevo deciso di andarmene.
Mi era sembrata davvero una buona idea. Avevo capito che avrei potuto fare qualche sciocchezza, se fossi rimasto.
E allora avrei dovuto davvero dare una spiegazione.
Fuggire era molto più semplice. Da codardi forse. Ma semplice.
Non ero mai stato capace di imbarcarmi in acque difficili.

*


Il profumo di Tom è qualcosa di cui mi stupisco ogni volta che lo sento.
In qualche modo è sempre diverso, colgo sempre una sfumatura differente nella ricca miscela del suo odore.
La camicia che ora indossa sa di fresco e pulito, ma nonostante questo comincia a farsi strada la fragranza del suo sudore che mi riporta con la mente a tutti i concerti che abbiamo fatto con i Tokio Hotel, quando dopo ogni esibizione ci abbracciavamo tutti insieme e Tom era sempre uno dei più fradici. Poi c'è la nota profumata della cera che usa per curarsi i capelli: nonostante siano passati dieci lunghi anni i suoi rasta sono ancora al loro posto, forse un po' meno curati di prima, ma per niente trascurati. Di nuovo c'è l'acqua di colonia che non ricordo avergli mai sentito addosso e il lieve amaro di un dopobarba. Tutto però è coperto dall'odore del suo corpo; la sua pelle ha un aroma caldo, come quello che c'è sotto le coperte in una notte fredda d'inverno e l'unica cosa che vuoi è avvolgerti nel dolce tepore del piumino d'oca.
Odore di casa e di famiglia. Odore d'amore.


*


- Ehi ragazzina, qui c'è spazio?
Sobbalzo bruscamente, rendendomi conto che si erano rivolti a me. Non mi ero accorto che quel ragazzo si fosse avvicinato al mio tavolo.
Borbotto un paio di scuse e mi alzo, senza sapere bene come comportarmi.
Faccio per allontanarmi, ma vengo fermato dalla stessa voce di prima - guarda che non ti ho detto di andartene. Puoi rimanere qui, se vuoi.
Torno a sedermi sulla mia sedia.
Cosa diavolo sto facendo? Avrei dovuto prendere e andare. Sono nei guai adesso, sicuramente c'è già gente che mi sta cercando e, nonostante mi sia cambiato il trucco di scena con uno strato dell'ombretto rosa e dorato rubato a Dunja, non è che sia esattamente irriconoscibile. E' già tanto se qualcuno non mi ha ancora fermato per un autografo.
- Che ci fa una ragazza tutta sola come te in un paesino come questo? Non ti ho mai visto qui, non sei di queste parti...
Oddio, di nuovo. Ci mancava solo il tizio curioso che mi chiede le cose chiamandomi "ragazzina". Be' in fondo ha anche ragione, nessun uomo si trucca di rosa. Nemmeno io lo avrei fatto se non fossi stato in necessità.
- Ehi, sei muta?
- No - sbotto. Quel tipo è davvero irritante.
- Ehi, non sarai mica uno di quei tizi che si è fatto cambiare sesso, vero? Mi auguro che la tua voce non sia così roca per questo...
Lo guardo sconvolto. Mi ha preso per un travestito!
- Certo che no! Sono un ragazzo e basta! - non me ne frega niente se mi riconosce. Nessuno mi ha mai offeso in questo modo e non ho intenzione di permettere a qualcuno di iniziare ora.
Lo vedo inarcare un sopracciglio e ridacchiare, prima di sorseggiare il suo caffè o quel diavolo che è.
- Avevo ragione, quindi. - mi dice in un bisbiglio - Sei quel cantante, no? quel ragazzo che stanno cercando tutti.
Sento i miei polmoni svuotarsi di scatto. Merda. Sono fottuto. Completamente fottuto. Ora quel tizio mi prende per una spalla, mi accompagna al bancone, dice al proprietario di chiamare la polizia e io finisco la mia breve fuga, dopodichè David mi darà una lavata di capo e dovrò dare spiegazioni a mio fratello... Dio.
- Ehi, guarda che non c'è bisogno di diventare così pallidi. Non ho nessun interesse a consegnarti alle autorità o a chi cavolo ti sta cercando. Odio lo stato. Mi ha solo causato guai. Anzi, se vuoi ti posso anche offrire un posto dove stare. Non qui, però. Più a nord. Molto più a nord. Fuori dalla Germania, intendo.
- E tu ti aspetti che ti segua a cuor leggero, no? Ovvio. Tutti seguono le proposte degli sconosciuti. - scatto, sentendomi offeso dalla sua familiarità.


*


Avevo avuto un'istintiva paura per Lukas. Non mi fidavo. Non all'inizio, perlomeno.
Qualcosa però aveva sciolto la mia prudenza. Qualcosa nei suoi gesti. Nei suoi occhi. O forse era solamente quel modo di sorridere, un po' timido ma allo stesso tempo strafottente.
Accettai di seguirlo forse perchè in quel sorriso vedevo l'ombra di quello di Tom, cercando disperatamente qualcosa che mi ricordasse lui.
All'inizio mi aveva trattato con guanti di velluto, era stato veramente gentile e premuroso, chiedendo se per caso avevo fame o avevo bisogno di qualcosa. Mi aveva perfino aperto la portiera in un gesto galante che mi aveva fatto sentire in imbarazzo, facendomi salire dietro perchè davanti la cintura di sicurezza era rotta, o così almeno sosteneva.
Pensavo che sarebbe andato tutto piuttosto bene.
Nemmeno quando lo vidi salire dopo di me, chiudendosi la porta alle spalle, avevo immaginato quanto le cose avrebbero potuto andare male.

*


Gemetti piano, quando Tom mi strinse di più a sè facendomi scricchiolare le costole incrinate. Mi portai una mano al petto, massaggiandole per diminuire un po' il dolore pulsante.
- Bill? E' tutto ok?
Ignorai la sua domanda, continuando ad affondare il naso nei suoi vestiti impregnati di lui.
Mi accarezzò i capelli, sapevo che voleva una risposta. - Non preoccuparti - mormorai per la prima volta da quando avevo attraversato la soglia di casa sua.

*


Lukas si tira su la zip dei jeans. Ne sento chiaramente il rumore -zzziip!- e dubito dopo il rumore della cintura di sicurezza che -clac!- viene allacciata.
- Avevo ragione. Tu sei quel cantante, Bill Kaulitz... e avevo anche ragione sul fatto che eri una gran scopata. - ride.
Non mi muovo. Non rispondo. La mia testa non funziona. I miei sensi sono così reattivi che mi sembra di impazzire. Il sedile ruvido. Un liquido caldo che mi scende tra e sulle gambe. I miei muscoli si contraggono convulsamente, sento che se respiro più di così finirò lacerato in due. Ogni respiro è una coltellata che mi sventra, ma non riesco a morire.
Chiudo gli occhi, ma non posso fare a meno di pensare a cosa direbbe Tom se sapesse che mi sono fidato di un estraneo. Una lacrima mi bagna una guancia.


*


Dalla volta che Lukas mi aveva violentato in macchina, mi sembrava di essere una marionetta con i fili tagliati. Riuscivo a vedermi come se mi stessi guardando dall'esterno, mentre lui giocava con il mio corpo, spogliandolo e rivestendolo come una bambola.
Se non era soddisfatto, Lukas mi picchiava. Mi prendeva a calci di solito, o a schiaffi. A volte mi picchiava senza motivo, ma non ci misi molto a fare collegamenti con i suoi accessi d'ira e i colpi. Era tossicodipendente, e quando non aveva abbastanza soldi sfogava la sua astinenza su di me.
Non ho mai detto di no.
E' una cosa a cui penso e ripenso, e ogni volta è peggiore della precedente.
Non ho mai detto di no.
Non ho mai cercato di difendermi, di oppormi. Non ho mai urlato addosso a Lukas che ero stufo di essere la sua puttana. Da quando mi aveva messo le mani addosso, era come se mi avesse rilegato ad un contratto mai firmato che gli permetteva di sfruttarmi a suo piacimento senza che io facessi una sola piega.
Forse perchè pensavo di meritarmelo.
Forse era la giusta punizione per qualcuno che sognava di fare l'amore col proprio gemello.

Sopportai Lukas per anni. Poi scappai. Mi bastò rivestirmi in fretta dopo una scopata, rubare l' ultima dose di droga del mio aguzzino, chiuderlo nel suo pulcioso appartamento usando le chiavi che aveva lasciato nei jeans e uscire nell'aria fredda di un novembre che nemmeno sapevo di che anno era.
Le costole rotte mi facevano male, e la nausea da astinenza in cui mi aveva cacciato per tenermi buono mi indeboliva.


*


- Tom, ho detto che è tutto ok... - protestai debolmente quando Tom mi infilò una mano sotto la camicia lacera che avevo addosso, raggiungendo la mia mano.
- Ti fa male quando ti tocco qui? cosa ti è successo?
- Tom - lo scongiurai, chiudendo gli occhi. Mi faceva male. Anche dentro.
Sospirò e insistette per farmi sdraiare sul divano in una posizione più comoda. Le sue mani che mi accarezzavano i capelli erano la cosa più bella del mondo.
- Ti amo - mormorai senza pensare. Temevo la sua reazione, ma ormai non avevo più niente da perdere. Avevo perso Tom dieci anni prima, insieme alla mia integrità.
Il mio gemello prese la mia mano tra le sue. - Lo so - mormorò con un sorriso spezzato. Nei suoi occhi c'è scritta la consapevolezza di quello che avevo passato. - Sono qui, ora, Bill.
Mi vergognai. Piansi. Mi nascosi il volto con le mani, lasciando che tutto il dolore represso accumolato negli anni si disperdesse nell'abbraccio caldo di Tom che mi aveva stretto d'impulso.
Non ricordavo quasi più che effetto faceva essere abbracciato. Perfino il viso di Tom era diventato nebuloso con il passare degli anni: guardandomi allo specchio non vedevo più lui ma uno scheletro troppo truccato.
- Bill - mi sussurrò sulle labbra - non ti preoccupare di niente, d'accordo? Sono qui con te, ora. Siamo insieme di nuovo.
Annuii.

epilogo


Bill recuperò peso in fretta. Con un po' di pazienza riuscii a farmi raccontare quasi tutto quello che aveva passato, anche se quello che non sapevo era facilmente intuibile.
Era cambiato tantissimo da quando se n'era andato, ma non era davvero cresciuto. Era stato in qualche modo bloccato, ma il fatto che si comportasse come se avessimo tutti e due ancora vent'anni non mi dispiaceva: mi impediva di pensare al tempo che avevamo perso.
E io... be'. Vivere non era più quel peso che era stato negli anni precedenti.
Bill era come rinato. Era una fenice sorta dalle proprie ceneri. Il suo entusiasmo trascinava anche me.
Le mie mani impararono a farlo fiorire, e io scoprii quanto mi era mancato in una notte di peccato puro e certezze nuove.



Tom ebbe tanta pazienza, con me. Nonostante i continui attacchi di panico che ho avuto dopo quel periodo di separazione, non ha mai tentato di farmi seguire da uno psicologo. Non avrebbe fatto cose che io non volevo, e uno strizzacervelli era l'ultima persona a cui mi sarei rivolto. Sapevo che forse ne avrei avuto bisogno, ma era qualcosa di cui non sentivo la necessità. Avrei anche avuto bisogno di andare da un medico, o di farmi chiudere in una clinica di disintossicazione, ma dopo quasi un anno scoprimmo che non ne avevo avuto bisogno.
Avevo Tom. Se improvvisamente mi fossero venuti a mancare il cibo, l'acqua e l'aria per vivere, non sarei comunque morto, perchè mi nutrivo, mi dissetavo e respiravo Tom. Tom era la mia medicina, era il mio psicologo, era il mio amante.
Avevo Tom. Tutto il resto non mi serviva.